Il 5 maggio 1943, la Segreteria di Stato della Santa Sede compilava una nota di lavoro su alcuni aspetti della guerra in corso, aspetti su cui sarebbe stato opportuno intervenire. Alla voce ebrei, la nota precisava. “Ebrei. Situazione orrenda; in Polonia stavano, prima della guerra circa 4.500.000 ebrei; si calcola che non ne rimangano poche centinaia di migliaia…non è da dubitare che la maggior parte sia stata soppressa con fucilazioni di massa… Speciali campi di morte vicino a Lublino (Treblinka) e presso Brest Litowsk. Si racconta che vengono chiusi in cameroni dove finirebbero sotto l’azione dei gas. Trasportati su carri bestiame, ermeticamente chiusi, con pavimenti di calce viva”. Di fronte ad una tale annotazione, ogni discorso e soprattutto ogni riserva sul fatto che il Vaticano avesse informazioni adeguate sullo sterminio della popolazione ebraica diventa superfluo. Peraltro dalla fine del 1941 e nel corso del 1942, alcuni nunzi apostolici dei Paesi confinanti col Reich o interessati dall’occupazione tedesca, avevano fatto pervenire notizie preoccupanti, ma soprattutto due cappellani militari al seguito delle truppe italiane in Unione Sovietica (Ottorino Marcolini e Pirro Scavizzi) avevano informato dello sterminio la Segreteria di Stato.
A fronte delle notizie pervenute, Pio XII, in due diverse occasioni, espesse una denuncia che conviene riportare alla lettera. Nel radiomessaggio natalizio del 1942, avviandosi alla coclusione afferma, “…una promessa e un voto di pace e di ordine, l’umanità tutta la deve alle centinaia di migliaia di persone che, senza colpa veruna, solo per ragioni di nazionalità e di stirpe, sono destinate alla morte o a un progressivo annientamento”. Inoltre il 2 giugno 1943, e dunque dopo la nota citata in premessa ripete, “…l’animo nostro risponde con sollecitudine premurosa alle preghiere di coloro che a noi si rivolgono con implorazione ansiosa, travagliati come sono, per ragioni di nazionalità e stirpe, da maggiori sciagure e destinati, senza colpa a condizioni di sterminio”. Nonostante l’evidente riferimento agli ebrei con l’espressione “nazionalità e stirpe” la maggioranza degli storici ritiene insufficiente la denuncia del papa a favore del popolo ebraico e alcuni ritengono addirittura che l’eccessiva prudenza usata da Pio XII sarebbe prova di un silenzio consapevole e censurabile. Le tesi conclusiva, a mio avviso, non regge. I documenti in possesso allo stato degli studi dimostrano che Pio XII era convinto di aver parlato chiaramente; in tal senso si esprime in due diverse occasioni, quando il 27 dicembre del 1942 agli incaricati d’affari inglese e statunitense, ricevuti in udienza, che gli facevano notare una denuncia troppo allusiva e non esplicita della denuncia, oppone uno stupore e rammarico, dichiarando di non essere stato capito.
Poche settimane dopo conferma all’ambasciatore del governo polacco in esilio che col radiomessaggio natalizio aveva voluto denunciare l’aberrazione delle sterminio in atto. La sua soggettiva convinzione di aver parlato dovrebbe porre fine ad ogni interpretazione panflettistica contro il papa, il quale, con il registro diplomatico e prudente dell’intervento, intendeva soprattutto evitare “rappresaglie” sia sui cattolici che sugli ebrei convertiti al cristianesimo e che si trovavano nei territori del Reich o in quelli occupati dall’esercito tedesco. Tuttavia l’intervento più riconosciuto della Chiesa nella bufera della Shoah sta nell’attività umanitaria per salvare dalla persecuzione le popolazioni civili e gli ebrei in prima battuta. Renzo De Felice nalla “Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo” indica e elenca 155 case religiose che nella sola Roma ospitarono quasi 5.000 ebrei durante l’occupazione del 1943/44; affermare che il tutto avvenne senza consenso del papa e senza informazione al papa come tenta di fare qualche polemico panflettista non può essere ragionevolmente sostenuto. A ciò si aggiungono gli interventi di protezione delle diocesi d’Italia: Genova, Torino, Milano e Lucca in particolare. Sarà forse esagerata la cifra di chi sostiene che nelle varie località d’Europa furono salvati centinaia di migliai di ebrei, certamente l’attività al riguardo fu intensa e ragguardevole.
Agostino Pietrasanta