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Giovani e sport – «Allenare significa far crescere»

Per ripercorrere le carriera di Paolo Mossi, ex cestista nato a Canelli 43 anni fa, bisogna “viaggiare” sulla cartina geografica da Nord a Sud. «All’inizio giocavo a calcio, ma solo dai 16 anni è iniziata la mia passione per il basket» sottolinea Mossi. Dopo aver conosciuto la palla a spicchi a San Salvatore, due esperienze importanti per lui a Tortona e a Voghera. Poi arrivano i due anni in B2 ad Alessandria e la svolta, la B1 a Treviglio. Da qui un “sali e scendi” per i palazzetti di tutta Italia: Castel San Pietro Terme, l’A2 di Castelletto sopra Ticino, Asti, Genova, Vado Ligure, Rieti e la B1 di Agrigento. Dopo la carriera lasciata “per motivi personali”, Mossi decide di passare dall’altra parte del campo e diventa allenatore. Prima delle giovanili della Bertram Tortona, poi inizia una avventura da zero con la Nuova Basket Tortona.

Paolo, partiamo proprio dal tuo nuovo progetto.
«È una società nata quest’anno che ho aperto insieme con mio fratello, Michele Mossi, e con molti genitori che ci sostengono da sempre. Abbiamo quattro squadre, con circa 80 iscritti e siamo dislocati su due punti differenti: Tortona e San Salvatore. Partiamo dai più piccoli di 6 anni, fino a ragazzi di 13 anni».

Cosa vuol dire allenare dei ragazzi di quell’età?
«Guarda, con il tempo sono riuscito a creare un giusto rapporto con loro. Come si dice in gergo, bisogna saper usare “il bastone e la carota”. Ma oltre a essere bravi nell’insegnare uno sport, bisogna anche saperci stare con i ragazzi. Fare l’allenatore non è pensabile solo come lavoro, e purtroppo tanti questo non lo capiscono».

Il basket è uno sport in grande crescita.
«Sì, questo già da anni. Adesso i genitori fanno provare ai propri figli vari tipi di sport. Sta a educatori e istruttori saper coinvolgere nel giusto modo i ragazzi. Per quanto mi riguarda molti degli iscritti che ho mi seguono da tanti anni. E i loro genitori hanno scelto di lasciare una società di A2 (la Bertram Tortona, ndr) per la felicità dei loro figli. E sono proprio questi genitori che hanno creduto moltissimo in questo progetto e si fanno letteralmente in quattro per sostenerci. E quando c’è serenità e lavori bene puoi anche vedere il ragazzo che inizialmente faceva fatica, migliorare fino ad arrivare al livello degli altri».

Tu che conosci bene anche il mondo del calcio, ritrovi un clima differente nel basket?
«Ti rispondo parlandoti di un episodio avvenuto poco tempo fa. Con una delle mie squadre abbiamo giocato ad Asti uno scontro diretto per vincere il campionato. A tre minuti dalla fine l’arbitro assegna, sbagliando, una rimessa ai nostri avversari. Si avvicina un ragazzino dei “loro” e ammette di aver toccato per ultimo la palla. Io gli ho subito stretto la mano e il palazzetto lo ha omaggiato con un applauso. Quello che posso dirti è che nel calcio una cosa simile non sarebbe mai successa».

Secondo te come sta crescendo la pallacanestro provinciale?
«Abbiamo delle realtà che stanno lavorando bene. La Novipiù Casale Monferrato sta facendo un ottimo lavoro sia con la prima squadra, che è in A2, sia nelle giovanili. Anche solo nel
minibasket possono contare su moltissimi iscritti, ovviamente accompagnati da istruttori preparati che fanno la differenza. Poi sicuramente in provincia abbiamo la Zimetal Fortitudo Alessandria che sta facendo un grande campionato in Serie C Gold».

Cosa manca ai giovani italiani per ambire al top europeo e mondiale?
«Una frase che ho sempre sentito in questi anni è che al ragazzo italiano manca lo spirito di competizione. Non parlo della voglia di vincere a tutti i costi, ma di cercare di migliorarsi partita per partita. Negli ultimi anni in Nba, il campionato americano, ci sono moltissimi giocatori dall’Est Europa, sloveni, russi, lituani, che utilizzano il metodo della ripetitività: un esercizio lo fanno mille volte finché non riesce alla perfezione. A noi in Italia manca proprio questo. Nel minibasket si cerca di mettere sempre in secondo piano il risultato. Ma il “non importa il risultato” non è da confondere con il “voglio cercare di raggiungere il tuo obiettivo, anche se sei più forte di me”. Ed è questo proprio l’obiettivo che ho con la Nuova Basket Tortona: far crescere i ragazzi sia come giocatori sia, soprattutto, come persone. Vorrei aggiungere una cosa».

Prego.
«Proprio per cercare di migliorare, senza guardare il risultato, ci siamo iscritti al torneo Masaccio di San Giovanni Valdarno. Con gli “Aquilotti” delle annate 2008 e 2009 a Pasqua sfideremo, tra le tante, le giovanili dell’Olimpia Milano e Maccabi Tel Aviv. Un’ottima occasione per migliorare contro delle avversarie di caratura nettamente superiore, ma questo non ci fa paura! (sorride)». 

Alessandro Venticinque

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