Il #Granellodisenape di Enzo Governale
Ritroviamo il coraggio di parlare con semplicità e di vivere ciò che predichiamo
Fiorello, Benigni e Achille Lauro. Quante parole in queste settimane, quanti schieramenti, quante persone offese e indignate. Oggi proviamo a farci una domanda rivoluzionaria: perché? Provo a rispondere per come sono capace, so che saprete perdonarmi, perché lo fate ogni settimana… In sintesi: Fiorello ci ha detto come ci vedono gli italiani, Benigni come ci vorrebbero ascoltare e Achille Lauro come si sentono alcune persone, soprattutto quelle giovani, oggi. «In questo mondo c’è bisogno di pace». Esordisce così don Fiorello: «Scambiatevi un segno di pace». Iniziare il Festival in questo modo, dopo tutte le polemiche dei giorni precedenti, significa che nell’immaginario di molti italiani la Chiesa ha questo ruolo. Un luogo sicuro, nel quale è possibile trovare uno spazio neutro e poter ricominciare da zero, dopo un perdono. Se le persone ci vedono così, e non come investigatori privati (Don Matteo perdonami), credo sia davvero un buon segno. In quest’ottica lo sketch di Fiorello è una richiesta di aiuto: salvateci da questa società fatta di egoismo e incapacità di perdonare, di amare. Benigni. Che dire, una lenta e soporifera storpiatura del senso del Cantico dei Cantici, è vero, ma il fatto che tutti si siano resi conto di questo errore è perché Benigni ha comunque azzeccato il linguaggio giusto, un linguaggio comprensibile a tutti. Forse questo potrebbe voler dire che gli italiani del Festival vorrebbero capire di più la Parola, ma con un linguaggio più semplice, che possano “attaccare” alla loro vita, concretamente.
Ostentare la femminilità attraverso costumi di scena, o la mascolinità attraverso gesti che richiamano atti sessuali, significa non aver capito nulla della femminilità e della mascolinità. Femminile è accoglienza, maschile è resistenza: movimenti contrari ma conformi. Achille Lauro e le sue performance però, sono la rappresentazione dell’inconsapevolezza di sé di molti giovani (e meno giovani) di oggi: nascondere l’incapacità di scegliere dietro al diritto di poter scegliere chi essere è una fuga a gambe levate dal mondo degli adulti. Ma se Achille Lauro è più credibile di noi, allora il problema è nostro: custodiamo la Verità ma non siamo in grado di mostrarla. Da tutto questo traggo una lezione: anche noi cattolici dovremmo essere più “erotici”, nel senso spiegato da Platone nel Simposio attraverso il mito di Eros. Antica divinità dell’amore, era figlio di Penìa e Pòros, ovvero di “mancanza” e “ingegno”. Quando accoglie l’amore, l’anima si ingegna, esce, si mette in cammino verso una mancanza: il nostro compito è scegliere quale mancanza seguire, decidere se andare verso un “bisogno” o verso un “desiderio”. Ascoltiamo il “richiamo delle delle stelle” (de-siderare= sentire la mancanza delle stelle), facciamo in modo che la mancanza che ci attiva ci conduca verso l’alto e non verso i bisogni carnali, psicologici o affettivi. Più prosaicamente, da Sanremo si alza una richiesta d’aiuto alla Chiesa: ritroviamo il coraggio di parlare con semplicità, di vivere ciò che predichiamo e di accogliere chi non la pensa come noi. In tre parole: viviamo come Cristo.