Intervista a Giuseppe Volante, presidente dei Consulenti del Lavoro di Alessandria
Con il Decreto “Cura Italia” il Governo è sceso in campo con misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie e aziende. Imprese e lavoratori si sono spinti in massa a richiedere la cassa integrazione in deroga, gli ammortizzatori sociali e i vari aiuti economici, mettendo in difficoltà chi si occupa di questi aspetti burocratici. Per questa “emergenza domande”, infatti, gli stati generali dei Consulenti del lavoro si sono riuniti virtualmente e hanno scritto la mozione “Per l’Italia contro le inefficienze del sistema” (per leggerla clicca qui). Abbiamo così chiesto a Giuseppe Volante, presidente dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Alessandria, di spiegarci meglio cosa sta accanendo.
Cosa sta succedendo in queste settimane di emergenza dal punto di vista finanziario?
«Le stiamo vivendo male… perché al nostro lavoro ordinario, in cui effettuiamo una consulenza nell’amministrazione del personale delle aziende, dalle pratiche di assunzione alle buste paghe, si sta sovrapponendo anche tutta la normativa per gli ammortizzatori sociali. Un lavoro complesso e variegato perché varia da Regione a Regione. Si parla di cassa integrazione, per chi non è del settore pensa ce ne sia una, ma ce ne sono diverse in base al settore in cui lavora l’impresa e al numero dei dipendenti. Questa cassa integrazione in deroga è stata usata molto dal 2008 e 2009, per quel periodo di crisi. Quindi nell’emergenza ci siamo ristudiati alcuni di quei meccanismi. Abbiamo dovuto capire come muoverci, attendendo l’accordo tra Regione Piemonte e parti sociali, e aspettare che la Regione mettesse le necessarie procedure per effettuare le prenotazioni. Un’altra difficoltà, per tanti studi, è quella di potersi muovere per andare a lavoro. Le normative dicono che rientriamo nelle categorie che possono andare a lavoro, ma non è così semplice. In questa occasione l’Italia ha scoperto lo smart working, che ha un senso se si hanno i mezzi e il tempo per organizzarsi, altrimenti è davvero improponibile e non si riesce a svolgere tutto il lavoro».
Come si stanno comportando Governo e Regioni?
«(Sorride) Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali sono andati a sovraccaricare l’Inps ben oltre la potenzialità della struttura informatica dell’istituto. Perché in contemporanea non ci sono solo le domande di cassa integrazione dei datori di lavoro, ma anche le domande per le indennità dei lavoratori autonomi, i “famosi” 600 euro, e altri indennizzi. Tutto questo ha creato un cortocircuito. Le Regioni stanno andando macchia di leopardo, non tutte ad oggi hanno effettuato l’accordo necessario con le parti sociali per avviare la cassa in deroga. Ogni Regione ha dato una sua applicazione, in base alle realtà locali, e un meccanismo di accesso al portale telematico per effettuare le domande. Per cui ci sono colleghi che operano in più Regioni che sono in difficoltà. Si è creato il caos più totale».
Cosa chiedete in questa Mozione?
«Chiediamo che il Governo e le Regioni stiano a sentire anche chi materialmente deve effettuare il lavoro di domanda di cassa integrazione o di vari ammortizzatori sociali, in maniera da trovare soluzioni semplici e lineari che non impegnino una tempistica esagerata. L’annuncio della liquidazione delle pratiche e del pagamento degli importi maturati per ammortizzatori sociali per il 15 aprile è pura propaganda. Non si tiene assolutamente conto delle difficoltà operative e normative. Gli ammortizzatori sociali dati alle singole aziende vanno analizzati caso per caso. Il lavoro è molto complicato, soprattutto perché ormai l’85% delle aziende assistite ci richiede questo tipo di sostegno finanziario».
Un messaggio alle istituzioni.
«La nostra richiesta di base è quella di mettere, almeno in questa occasione, la burocrazia da un lato o limitandola per agevolare tutti. Ma abbiamo avuto la conferma, soprattutto in questa occasione, che la burocrazia prevale sempre anche sul semplice buon senso. Questo direi che è il punto peggiore di questa situazione».
L’Istat ha confermato che, se le aziende rimarranno chiusure fino a giugno, si prevede un calo dei consumi del 10%…
«Personalmente questi sono dati ottimistici… Al momento vediamo che tutti i settori sono pressoché fermi, poche attività riescono a continuare il proprio lavoro. Conosco aziende agricole, che forniscono produttori caseari esteri, in difficoltà perché non hanno più richieste fuori dall’Italia. È diminuita la domanda però le mucche non smettono di fare il latte. Se nella filiera agroalimentare iniziano a esserci dei problemi, dobbiamo preoccuparci, perché vorrà dire che le altre aziende staranno peggio. Se pensiamo alla provincia di Alessandria, che era già sufficientemente depressa prima di questa epidemia, sarà difficile ripartire. Sono molto preoccupato per il futuro…».
Alessandro Venticinque
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