Ripercorriamo i giorni dell’Ottavario 2020
Celebrazione eucaristica presieduta da don Vittorio Gatti, vicario del Vescovo per i malati di Covid-19. Nella preghiera diocesana la testimonianza di Andrea Antonuccio, guarito dal coronavirus.
«Salve a tutti io sono Andrea Antonuccio, il direttore di Voce alessandrina. Questo rosario è per i malati di Covid, anche io lo sono stato. Ho trascorso 30 giorni all’ospedale di Alessandria e sono uscito il 23 aprile. Sono guarito, e di questo ringrazio il Signore che mi ha seguito e accompagnato in 30 giorni che mi hanno insegnato molto sulla sofferenza ma anche sulla fede. In questi giorni ho imparato che il Signore non lascia mai solo nessuno, anche nelle condizioni difficili. Ho imparato che si può vivere in maniera umana e cristiana, essere lieti, anche in una situazione limite come può essere l’isolamento di una stanza d’ospedale. Senza sapere se da lì si uscirà oppure no. In questi giorni il Rosario mi ha aiutato tantissimo da solo o collegandomi al telefono con i miei cari, che mi aspettavano a casa, o con i miei amici. Il Rosario è veramente uno strumento potente, per alleviare le sofferenze di chi in questo momento sta soffrendo ancora per il Covid e di tutti quelli che hanno sofferto perché hanno perso un loro caro. Ora possiamo dirlo insieme».
Santa messa celebrata da don Gianni Toriggia, arciprete della Cattedrale, per i defunti e le loro famiglie. Nella preghiera diocesana la testimonianza di don Stefano Tessaglia, responsabile diocesano del Servizio per la Pastorale della Salute e cappellano dell’Ospedale Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo.
«Grazie e buona sera a tutti! Pregare insieme questa sera per i defunti significa ricordarci come nella nostra sola Provincia di Alessandria siano ormai quasi 600 le persone che a causa del coronavirus hanno perso la vita. Davanti alla Madonna noi oggi però non portiamo dei numeri, portiamo delle persone con i loro volti, le loro storie e le loro sofferenze. Anch’io nel mio ministero in ospedale, in maniera non molto diverse in realtà rispetto anche ai parroci, sono stato effettivamente molto limitato in questa epidemia nella mia vicinanza alle persone che soffrivano e anche a quelle che vedevano la loro vita a spegnersi. Il nostro ministero di ascolto e di vicinanza. Molto spesso in questi due mesi ormai la mia vicinanza è stata molto difficile: mediata da un vetro o comunque da una distanza che rendeva inconsueto anche il gesto del pregare, di dare una benedizione. Un segno di croce tracciato da lontano è quello che noi preti abbiamo potuto fare in questi due mesi. Non siamo potuti essere vicini a queste persone, come non sono potute essere vicino le loro famiglie. Famiglie che a loro volta vivevano il dramma dell’essere ammalati magari, chiusi in casa e in quarantena, o nell’aver visto i loro cari magari partire con un’ambulanza e poi non rivederli più. E rivedere magari tra qualche settimana ancora una lapide e senza poter dare un abbraccio. La mia testimonianza oggi è per dire che la retorica, che sentiamo in questi giorni, di centinaia di persone morte sole non è vera, non corrisponde alla realtà. Per fortuna nel nostro Paese e nel nostro territorio, nessuno muore solo. Ci sono persone amorevoli, professionali, in gamba e piene di amore che accompagnano in tutti gli ospedali, nelle case di cura e nelle Rsa le persone che soffrono, e anche che si allontanano da questo mondo. Nessuno muore solo perché il Signore ascolta, rimane accanto a chi si affida a Lui. Se oggi noi guardiamo al volto addolorato della Vergine Maria, di questa nostra Madonna della Salve, che ha il volto addolorato di tante famiglie che hanno perso una persona cara, riscopriamo il senso di rivolgerci a Lei. Sempre Alessandria la Vergine esaudisce, sempre a Lei ci rivolgiamo e oggi a Lei affidiamo i nostri cari defunti».
Santa Messa celebrata da padre Giorgio Noè, vicario episcopale per la Zona Fraschetta-Marengo per tutte le persone a servizio del prossimo. Nella preghiera diocesana la testimonianza di Fabrizio Laddago, direttore di Radio Gold.
«Questa emergenza sicuramente ci racconta anche l’importanza di chi fa informazione, l’importanza anche di quello che stiamo svolgendo in questo periodo, e racconta anche l’importanza del contatto con le persone che è fondamentalmente Radio gold è nata, dal punto di vista informativo, con la descrizione la narrazione del ’94, di quella tragica alluvione. Lì abbiamo capito l’importanza dell’informazione e anche dello stare vicino alle persone. Ed è anche connaturato rispetto alla natura della radio il rapporto diretto il contatto con le persone. […] In questo periodo di difficoltà legato al coronavirus, abbiamo capito ancora una volta proprio come sia fondamentale cercare di stare vicino alle persone. E allora come avevamo pensato di farlo, come abbiamo pensato di affrontare questa emergenza? Noi ogni giorno, proprio in questi minuti (ore 19 circa, ndr) per esempio stiamo ricevendo il bollettino che racconta purtroppo dei decessi delle persone colpite dalla Covid-19, racconta la progressione di questo contagio e racconta anche il dolore. Però questo bollettino è un insieme di numeri e noi non vogliamo sicuramente che si raccontino soltanto delle statistiche. Noi abbiamo deciso di raccontare le storie delle persone e così abbiamo affrontato questa emergenza. L’abbiamo affrontata naturalmente descrivendo il dolore delle persone: i medici, gli infermieri, le persone che lavorano negli ospedali e la fatica che stanno compiendo nel affrontare questa questa emergenza. Ma l’abbiamo fatto anche cercando di stare in contatto con le persone: ogni giorno riceviamo tantissime telefonate di persone in lacrime, che descrivono la difficoltà dello stare in casa oppure anche la difficoltà nello staccarsi dalle persone che sono decedute. In questo periodo abbiamo raccontato anche il dramma di chi è morto lontano dai parenti e questa è la cosa più straziante, che purtroppo abbiamo dovuto descrivere, ma che è fondamentale perché occorre che questa testimonianza sia narrata in qualche maniera. […] Chiudo, visto che siamo una radio, con una citazione di un cantante che a me piace molto, Brunori Sas: “Dobbiamo metterci a camminare per raggiungere le cime di montagne nuove”. Ecco è sicuramente faticoso questo percorso, è in salita, però quando arriveremo queste cime avremo davanti un panorama sconfinato, un orizzonte sconfinato. Non so quali cime raggiungeremo e quando ci arriveremo, però ogni passo avanti è un pezzo per vedere più lontano questo orizzonte».
Celebrazione eucaristica per medici e operatori sanitari, presieduta da don Giuseppe Bodrati, vicario episcopale per la Zona Valenza. Nella preghiera diocesana la testimonianza della dottoressa Sabrina Camilli, pediatra.
«Mi presento sono Sabrina Camilli e sono qui in veste di operatore sanitario. Sono infatti medico pediatra ad Alessandria, da diversi anni cooperatrice salesiana e collaboro nella parrocchia di San Giuseppe Artigiano. Come medico di famiglia sono stata vicina ai genitori e ai miei piccoli pazienti, che ora soffrono molto l’isolamento, la mancanza del gioco con gli amici, le uscite all’aria aperta, ma tanto anche la mancanza dello stare insieme i nonni. Lo accettano, sono in gamba, ma il compito di noi adulti anche quello di non dimenticare la loro sofferenza, come quella di tanti giovani e ragazzi, e tutto quello che questa situazione determina nel loro sviluppo emozionale. Per i piccoli, ma anche per tutti gli altri piccoli della terra malati, anziani, affamati e imprigionati, nasce questa mia preghiera qui davanti a te Maria. In questo fermo immagine dello “stabat mater” ritrovo il senso di ciò che abbiamo vissuto e stiamo vivendo in tutti questi mesi. Quando vediamo una croce, il primo nostro impulso come Pietro è di allontanarci. Alcuni di noi invece si sono inginocchiati, come quei medici e gli infermieri che sono rimasti lì, ore e ore al letto dei malati soli e sofferenti. Altri sanitari hanno il dono dell’ascolto, della parola, del servizio a chi è colpito, spaventato, solo, indifeso. Altri hanno dato semplicemente tutto se stessi, senza risparmiarsi. Altri restano quindi attoniti, storditi, pronti a ricevere nuove consegne. Il dolore trasforma, il dolore chiede compatimento, il dolore illumina ed ecco allora che qualcuno rende possibile un ultimo saluto con un ipad a chi ha in casa: una sorta di viatico, anch’esso sacro, tra terra e cielo. Davanti alla croce nasce la preghiera sussurrata dal quotidiano convivere con l’umana fatica, che stenta a elevarsi allo spirito che è amore senza limiti. Nostra Signora della Salve donaci ogni giorno esempi di compassione, insegnaci a morire come il chicco di frumento a noi stessi. Questo non per sentirci chiamare eroi, ma perché con il nostro “sì” Gesù nel suo dono totale possa continuare a vincere sulla morte e quindi risorgere. La nostra preghiera si fa ringraziamento, perché la tua presenza sotto la croce è esempio ma soprattutto sostegno. Su di esso contiamo perché senza è difficile, anzi, impossibile restare uniti, essere forti, coraggiosi, coerenti e soprattutto miti».
Santa Messa celebrata da don Mauro Bruscaini, vicario episcopale per la Zona pastorale Alessandria, per le persone in difficoltà economica e sociale. Preghiera diocesana con la testimonianza di padre Daniele Noè, delegato vescovile per la Carità.
«Sappiamo tutti il problema della pandemia che stiamo vivendo e nei primi periodi soprattutto ognuno di noi lo viveva, almeno io personalmente, in modo un po’ difficoltoso: non sapevamo che cosa avvenisse, che cosa accadesse, non si poteva uscire di casa, non sapevamo questo virus si era grosso, se dobbiamo prenderlo a bastonate e quindi c’era timore. La prima settimana l’abbiamo passata in comunità da noi a Spinetta, in casa e con le celebrazioni ristrette. Poi a un certo punto, una domenica durante l’adorazione eucaristica, pregando davanti al Santissimo mi sono posto questa domanda: “Il Signore è qui davanti a me, certo, ma forse in questo momento è più presente all’esterno delle chiese, delle realtà di culto”. Allora ho cercato di farmi più presente nell’ambito del servizio della carità, facendomi presente appunto al servizio mensa Caritas e le varie realtà. Ho fatto un’esperienza bellissima: incontrando i volontari che si prodigavano, e si prodigano tuttora, per il servizio a questi fratelli bisognosi. Non c’è solo l’aspetto della povertà economica, ma tante povertà che prendono il cuore delle persone. Ho fatto un’esperienza bella, di un amore grande da parte di queste persone. Non solo di coloro che hanno bisogno, ma soprattutto anche dei volontari, coloro che hanno offerto la loro vita, si sono rese disponibili e si rendono disponibili al servizio del prossimo. So che tanti volontari, a causa dell’età un po’ avanzata, non potevano partecipare al servizio e allora il Signore ha pensato di infondere nei cuori di tante persone il desiderio di prodigarsi ancora di più nel servizio al prossimo. Il rischio è quello di vedere o voler vedere solo gli aspetti negativi di quello che si vive, pensiamo magari a quante limitazioni, quanta povertà, non c’è più gente che fa servizio. […] Ed è proprio questa solidarietà che il Papa ci richiama a mettere in atto. Questo sentimento del cuore che ci porta a contemplare Gesù presente nella vita dell’altro, del prossimo. E allora possiamo donare il nostro amore e il nostro servizio. […] Anche noi, nel nostro piccolo, siamo chiamati a vivere questo, a farci portatori e a donare quello che abbiamo, quello che il Signore ci ha donato. Non possiamo offrire i nostri sorrisi, la nostra pacca sulle spalle. Ma possiamo offrire il nostro amore, questo lo può fare chiunque, ovunque si trovi. Allora chiediamo la grazia alla Vergine Maria, la nostra Madonna della Salve, che ci aiuti in questo tempo a vivere a riscoprire questa solidarietà a cui il Papa ci richiama. Mettere in atto l’amore cristiano che il Signore pone dentro di noi, per essere attenti alle esigenze di tanti fratelli».
Preghiera diocesana per le vocazioni, in particolare quelle religiose e sacerdotali, guidata da monsignor Guido Gallese, insieme con don Andrea Alessio, suor Monica Odone e il Servizio per la Pastorale giovanile e vocazionale. Come da tradizione, nella vigilia della Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni.
Suor Monica: «Buonasera, credo che pregare per le vocazioni sia, non tanto pregare per chiedere al Signore di chiamare, perché il Signore sa chi e quando chiamare, ma credo che sia un pregare perché chi viene chiamato sappia rispondere, abbia il coraggio di dire “sì”. A me piace immaginare la chiamata del Signore come un quadro famoso in cui c’è Gesù che bussa una porta, ma la maniglia non si vede, perché la maniglia è solo dall’interno. E quando penso anche alla mia vocazione la penso proprio così, come il Signore che a un certo punto ha bussato nella mia vita e io non gli ho aperto. Perché la prima volta che Lui ha bussato, io volutamente ho fatto finta di non sentire la sua chiamata, perché forse per mancanza di coraggio, forse perché i miei progetti erano diversi. Poi però cosa succede? Che quando hai l’orecchio per sentire quella chiamata, poi non riesci più a togliertela dal cuore. E nonostante io avessi cercato più di una volta di aprire altre porte, di seguire altre strade, quella prima chiamata non è mai passata non si è mai non ho mai smesso di risuonare nel cuore. […] A volte qualcuno mi dice: «tu hai scelto di seguire il Signore, ti sei negata tantissime cose», in realtà scegliere di dire di «sì» al Signore non è “chiudere delle porte”, ma “aprire” davvero una strada bella di felicità e di gioia».
Don Andrea: «Buonasera, a un certo punto della mia vita mi sono buttato in questa avventura e ho cercato di capire se fosse per me questa scelta di vita particolare. Non bisogna pensare a momenti eclatanti, Gesù si è fatto sentire in diverse occasioni e nell’incontro con persone che mi hanno saputo aiutare nel cammino di questa vita dedita al Signore e ai fratelli. Non solo i formatori mi hanno aiutato, ma penso al servizio svolto negli oratori di Valmadonna, Valenza e San Paolo in Alessandria, alle persone conosciute a Lourdes, al Cottolengo e ai detenuti che incontro tuttora. Dire “sì” al Signore vuol dire buttarsi e avere coraggio sempre, anche una volta scelta questa vita desiderare di andare avanti. Nei momenti di difficoltà, come questi che stiamo vivendo, mi faccio tornare a mente le parole che il vescovo mi aveva detto nell’omelia della mia ordinazione: “Andrea ricordati di non avere paura delle tue paure”. Ecco, a chi si sente di buttarsi alla scoperta di quello che il Signore chiede, dico di non avere paura, lasciare fare a lui e tutto andrà bene. Fidiamoci del Signore e chiediamo l’aiuto potente di Maria che ci accompagna».
Santa Messa Pontificale celebrata dal nostro vescovo monsignor Guido Gallese al termine dell’ottavario dedicato alla Madonna della Salve, patrona di tutta la Diocesi. Al termine l’Omaggio alla Salve, nostra Clementissima Patrona.
Ecco le parole pronunciate da monsignor Gallese sul sagrato della Cattedrale: «Carissimi, devo dirvi che vedere la Madonna arrivare qui sulla soglia della nostra cattedrale genera in me una certa commozione. Sono qua a nome di tutti voi. Ringrazio le autorità e tutte quelle che vorrebbero essere qui, che hanno manifestato la loro vicinanza ma non possono essere presenti. Ecco, vogliamo portare la Salve sulla soglia della cattedrale per chiedere che ci benedica, in mezzo alle nostre difficoltà, alle nostre fatiche, in mezzo a i dolori e alle sofferenze. Questo è un momento veramente singolare per la nostra città e per la nostra diocesi. Vogliamo affidarci alla Sua intercessione e alla sua protezione. Vorrei fare questa piccola riflessione. Maria è colei che sta sotto la croce e l’insegnamento che ci vuole dare è questo: non possiamo passare in questa vita plasmandola come vorremmo noi, non ci è possibile. E questa epidemia ha segnato per noi un chiaro punto di vista, perché ci ricorda che noi non possiamo controllare tutto. L’insegnamento, l’esempio che Maria ci dà è quello per cui siamo chiamati a fare anche della sofferenza, del dolore e della fatica, qualche cosa di profondo, qualche cosa che lo trasforma in un bene, nella pace. Vogliamo chiedere questo alla Madonna. Siamo qua o Maria per chiederti di essere capaci di volgere in bene ogni cosa. Tu, che hai visto morire sotto i tuoi occhi per tortura il tuo figlio Gesù, aiutaci, guidaci e fa che possiamo essere capaci di affrontare nel modo giusto ogni cosa nella vita. E il modo giusto è quello di amare tutti, persino i nemici. È impegnativo e faticoso, ma lo vogliamo chiedere a Maria perché è l’unica via attraverso la quale possiamo trovare la vera pace del cuore».
Ecco qui alcune immagini di questo intenso e particolare Ottavario della nostra Clementissima Patrona
Qui sotto trovi la playlist completa delle celebrazioni per la Madonna della Salve 2020