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Tampone positivo da oltre un mese? Ecco lo studio Esauri-T

Azienda ospedaliera di Alessandria

L’emergenza sanitaria sta gradualmente rallentando, ma ospedali, medici e dottori non si fermano. L’ospedale di Alessandria in queste settimane ha incentrato la sua attenzione su chi dopo quattro o più settimane risulta ancora positivo al Covid-19, pur essendo asintomatico o con sintomi molto lievi. L’invito è quello di partecipare allo studio Esauri-T, rivolto ai pazienti tra i 18 e i 65 anni senza nessun’altra malattia per la quale devono assumere farmaci.

Questo studio richiede soltanto alcuni prelievi di sangue e la ripetizione del tampone: l’obiettivo è capire le complesse interazioni tra Covid-19 e sistema immunitario. Esauri-T si basa, infatti, sull’ipotesi che il virus sia stato capace di “paralizzare” le cellule del sistema immunitario, in particolare i Linfociti T, impedendo loro di combatterlo. Alla base dello studio il possibile parallelismo tra i meccanismi che i tumori utilizzano per “evadere” il sistema immunitario che potrebbero essere simili a quelli di virus.

Come spiegano i professionisti aziendali che hanno ideato lo studio, Guido Chichino, direttore di Malattie Infettive Ao Al, Marco Mussa dirigente medico di Malattie Infettive e Federica Grosso, responsabile Mesotelioma: «Il fenomeno della persistenza del tampone positivo per oltre un mese – spiegano – potrebbe essere dovuto al processo denominato “Immunoesaurimento”. L’Immunoesaurimento è una disfunzione di un sottogruppo di globuli bianchi (Cellule T) tipica delle infezioni virali croniche e del cancro, in cui la stimolazione dell’antigene non si esaurisce e la funzione delle Cellule T è profondamente alterata. Il fenomeno si manifesta con una incapacità delle cellule del sistema immunitario a contrastare efficacemente le infezioni virali e il cancro».

Gli ideatori dello studio poi aggiungono: «Molteplici fattori sono legati all’Immunoesaurimento delle Celule T e alla sua severità, questi includono la durata e l’importanza della stimolazione antigenica, la presenza di attivazione da parte di altri cloni cellulari, la presenza di citochine stimolatrici o soppressive e l’espressione di alcuni tipi di recettori. Nel nostro ospedale stiamo quindi studiando i meccanismi che il virus Covid-19 usa per esaurire questi linfociti T».

Lo studio, supportato dal Rotary, si inserisce nelle numerose attività di ricerca che l’Azienda ospedaliera conduce sia sul coronavirus (sono circa 35 i progetti avviati), sia sugli altri filoni di ricerca correlati alle patologie ambientali coordinate dall’Infrastruttura Ricerca Formazione e Innovazione diretta da Antonio Maconi. Per partecipare allo studio contattare: guido.chichino@ospedale.al.it; marco.mussa@ospedale.al.it, oppure federica.grosso@ospedale.al.it.

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