Le voci del cinema
Su 350 mila spettatori in 3 mila spettacoli monitorati tra lirica, prosa, danza e concerti, nel periodo che va dalla riapertura del 15 giugno a inizio ottobre si registra un solo caso di contagio per Covid-19. Eppure, dal governo è arrivata la chiusura totale. Ne parliamo con Antonio Catania, popolare attore di cinema, teatro e tv.
Catania, come si spiega la decisione di chiudere cinema e teatri?
«Credo che abbiano voluto far vedere che stanno facendo qualcosa. Per molti cinema, teatro e musica sono degli hobby, cose superflue. Sento spesso opinioni di questo tipo, anche da persone di una certa cultura. Qualcuno ha anche detto che se si chiudono i teatri o i cinema non succede niente, che il business non c’è. Purtroppo però non sanno che ci sono centinaia di migliaia di persone che lavorano in questo settore. È deprimente, soprattutto in un Paese come l’Italia che vive, o dovrebbe vivere, di cultura. Chi poi ha investito nella sicurezza delle proprie sale, di cinema o di teatro, non è stato premiato. Anzi…».
Perché secondo lei manca questa sensibilità?
«Non lo so, me lo sono domandato, specialmente ascoltando certi commenti. Credo che in fondo l’artista sia considerato un privilegiato, uno che “passava di lì” per caso e si diverte senza lavorare. E dunque, anche se soffre un po’ chi se ne importa… Sento una punta di invidia, un senso di rivalsa e molta ignoranza. Se uno sapesse che cosa c’è dietro alla preparazione e alla messa in scena di uno spettacolo o di un film, non la penserebbe in questo modo».
Lo spettacolo fa paura a chi governa? Forse la televisione è più “docile”?
«Non voglio pensarlo. Il pubblico che ho incontrato dopo i miei spettacoli ama le storie, ama i classici e cerca nel teatro e nel cinema una buona occasione per uscire di casa e socializzare».
Come vede il futuro di cinema e teatro?
«Ormai i film sono pensati e realizzati per le piattaforme come Netflix o Sky, il prodotto cinematografico nasce per essere “consumato” in casa, sul divano e con le pantofole. Mi sembra la mazzata decisiva, si toglie il piacere di uscire e di vedersi. Attenzione, però: le sale cinematografiche rischiano molto, i teatri no. Il teatro è unico, perché conserva la presenza scenica dell’attore dal vivo, che non può essere in alcun modo surrogata. lo credo che arriveranno tempi migliori. O almeno lo spero».
Andrea Antonuccio
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