Vocazioni diocesane
Alessandro Capra, classe 1994, una laurea triennale in Economia, oggi vive in seminario un presente che sta “costruendo” il suo futuro in maniera netta e decisiva. Alessandro, infatti, giovedì 16 giugno nella parrocchia Santa Maria del Carmine di Alessandria (in via dei Guasco) verrà ammesso tra i candidati a ricevere gli Ordini Sacri. Il primo passo “ufficiale” verso l’Ordinazione sacerdotale. Abbiamo chiesto ad Alessandro di spiegarci bene di che cosa si tratta.
Alessandro, che cosa è questa “ammissione”?
«In parole semplici, potremmo paragonarlo a un “fidanzamento ufficiale”. La mia vocazione viene riconosciuta anche dalla Chiesa, che mi chiede di approfondire sempre più il mio percorso formativo: umano, intellettuale e spirituale».
Tu sei certo della tua vocazione?
«Questi anni di discernimento e di seminario sono stati dedicati soprattutto a rispondere a questa domanda. Oggi posso affermare che la chiamata del Signore non me la sono immaginata io, è reale. E questo mi dà una serenità nell’affrontare il cammino verso il sacerdozio».
Ma è vero che tu sin da bambino volevi fare il prete?
«Sì (sorride). Nella mia famiglia ci sono sempre stati dei religiosi, e non ho mai escluso questa opzione. In alcuni momenti mi sentivo più portato, in altri meno. Adesso però la strada mi sembra più lineare e meno tortuosa».
C’è una figura, di laico o di religioso, che ti ha influenzato e ti ha portato a considerare l’ipotesi del sacerdozio?
«Certo! Più che di influenza, parlerei di accompagnamento».
Raccontaci!
«Questa persona si chiamava Rita Barberis (nella foto accanto), ed è tornata al Padre nel 2020, alle soglie dei 100 anni. Mi ha aiutato a trasformare la mia fede iniziale, piuttosto “intellettuale” e ideologica, in una fede concreta e incarnata. Malgrado la differenza di età, l’ho sempre sentita molto vicina ed empatica: mi ha accompagnato con la sua presenza e con la preghiera. E, ne sono convinto, continua a farlo ancora oggi dal Cielo. Dopo la sua morte, ho proprio avvertito una maggiore vicinanza spirituale. Quella donna ora si sta dedicando esclusivamente all’intercessione. Per me, e per gli altri».
Domanda scomoda: ti sei mai innamorato?
«Sì, certo. Quando studiavo, mi sono preso delle “cotte” per delle mie compagne. Ma mi rendevo anche conto che quell’amore non era l’amore che cercavo. E che in un rapporto di coppia non mi sentivo libero, non potevo donarmi completamente a tutti».
Tu che motivazioni dai alla cronica carenza di vocazioni religiose?
«Mi chiedo: è carenza di “vocati”, o di “vocanti”?».
Urca! Spiegati meglio…
«Nel mio percorso posso garantire di aver visto tanti chiamati, ma pochi, tra laici e religiosi, capaci di riconoscere e valorizzare le vocazioni. Non è vero che c’è penuria di “vocati”… soprattutto ad Alessandria! Va anche detto che però alcuni si tappano volutamente le orecchie, e non vogliono prendere nemmeno in considerazione un’ipotesi del genere».
A te non sembra di rinunciare a qualcosa, facendo questa strada?
«Assolutamente no. Anzi, mi sembra di guadagnarci. Assumendo gli obblighi della vita sacerdotale, tutto quello che può sembrare una privazione apre le porte a un bene maggiore. Faccio un esempio: un sacerdote non ha una famiglia, ma è chiamato a creare e accompagnare una comunità. La paternità la realizzi seguendo la tua vocazione».
Ultima domanda: che cosa dicono i tuoi familiari di questa scelta?
«Mia madre piange ancora oggi… mio padre è un po’ più moderato. Pur non negando la sua contrarietà. Mi rendo conto che avere un figlio che entra in seminario, soprattutto oggi, è un po’ “fuori norma”. Ma io non sono mai stato normale!».
Cos’è l’ammissione agli Ordini sacri?
Abbiamo chiesto a don Mauro Bruscaini, rettore del Seminario diocesano di Alessandria, di spiegarci che cosa vuol dire essere ammesso tra i candidati al Sacramento dell’Ordine.
Don Mauro, per un seminarista che senso ha questo primo passo?
«Si tratta di un riconoscimento ufficiale da parte della Chiesa, nella persona del Vescovo, di una chiamata di Dio; si arriva a questo dopo un discernimento personale e comunitario. È un riconoscimento fatto davanti alla comunità diocesana, che impegna il seminarista a proseguire il suo percorso di formazione, nel discernimento per rispondere alla specifica chiamata al Ministero ordinato».
I passi successivi quali sono?
«Sono passi che vedono la continuazione del percorso di Seminario (Lettorato, Accolitato, Ordinazione diaconale e, da ultimo, Ordinazione presbiterale), con gli studi teologici e un’attenzione particolare alla crescita di fede, sempre avendo ben chiara nel proprio cammino la sequela del Cristo buon pastore, per configurarsi a lui nel Ministero. Si continua a rispondere alla propria vocazione specifica, con la consapevolezza di essere sempre e prima di tutto un figlio di Dio, battezzato come tutti».
Don Mauro, un augurio ad Alessandro?
«Gli auguro di rispondere pienamente alla sua chiamata, sentirla sempre più sua nella nostra Chiesa; di lasciarsi toccare dall’amore di Dio, per essere un Suo strumento per tutta la vita, nel Ministero in cui il Signore lo sta chiamando».
Andrea Antonuccio