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I migranti il realismo e una domanda

L’Editoriale di Andrea Antonuccio

Care lettrici, cari lettori,

domenica 24 celebreremo la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Come ci ricorda don Valerio Bersano a pagina 4, “il fenomeno migratorio deve essere compreso come una conseguenza di un fenomeno complesso, di situazioni di disagio”. Ed è proprio così: noi spesso consideriamo solo la parte finale (i salvataggi, i morti in mare, gli sbarchi e i disagi) di un processo che invece parte da lontano: da una concezione “diseguale” del mondo, provocata da secoli di sfruttamento e barbarie, che provoca un’onda lunga di disperazione da cui vorremmo proteggerci, illudendoci di chiudere la porta di casa.

Ma la realtà è spietata: presenta sempre il conto, anche a chi fa finta di non vederla. E dunque? Forse dovremmo lasciarci guidare dal realismo, da uno sguardo onesto sulle cose (oggi, tra i “potenti”, non c’è persona più realista di papa Francesco). Senza realismo si insinua, subdola, l’idea di un distacco dal mondo. “Ma la realtà invece è Cristo!” scriveva San Paolo ai Colossesi, ed è come se lo dicesse anche a noi, adesso.

La realtà è Cristo! Non è la melma da cui tenersi lontani in favore di una dimensione “spirituale” che ci elevi al di sopra del peccato (solitamente quello degli altri): è il “campo da gioco” della mia salvezza, qui e ora. Eliminare la realtà sarebbe un po’ come camminare (per scelta) su una gamba sola e convincersi di andare più veloci.

«Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Questa carne a me non fa schifo, anzi: Cristo l’ho conosciuto non grazie a un discorso “alto”, ma attraverso la carne. Anche quella, impastata di Dio come la mia, di chi sbarca fortunosamente sulle nostre coste. Con che coraggio possiamo girarci dall’altra parte? Quel migrante, sporco e fastidioso, è davvero Gesù Cristo oppure è un “furbetto” che vuole mangiare due volte al giorno come noi? Ce lo siamo mai chiesti?

direttore@lavocealessandrina.it

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