In alternativa: accusare, o fare il cristianesimo?

L’editoriale di Andrea Antonuccio

Care lettrici, cari lettori,

apriamo Voce con il resoconto di quanto accaduto in questi giorni: due profanazioni che hanno avuto come oggetto tre Croci. Vi avevamo già descritto sullo scorso numero lo svolgersi degli avvenimenti di venerdì 20 nella chiesa di Santo Stefano, con le parole di don Domenico Dell’Omo.

Ora abbiamo chiesto a Roberto Piccinini, priore della Confraternita del Santissimo Crocifisso, di raccontarci che cosa è successo sabato scorso nella chiesa di San Giovannino, in corso Roma. Una chiesa che, come tutti sappiamo, ha una precisa (e non comune) caratteristica: rimane aperta tutti i giorni dalle 7.30 alle 21, e in estate anche oltre. Una facile “preda” per chi, noncurante delle telecamere di sorveglianza, ha intenzione di commettere un atto vandalico contro i simboli della nostra fede…

Vi consiglio caldamente di leggere l’intervista a Roberto: si capisce che il suo punto di partenza (così come quello di don Domenico) è cristiano. Non accusando a vanvera, come hanno fatto sui social molti “fedeli” (alcuni dei quali frequentatori delle nostre parrocchie). E nemmeno trasformando l’evento in un pretesto per lamentarsi della cattiveria dei tempi.

Così scriveva lo scrittore francese Charles Péguy nel suo “Véronique”, primo testo dopo la sua conversione al cattolicesimo: «C’era la cattiveria anche sotto i Romani. Ma Gesù venne. Egli non perse i suoi anni a gemere e interpellare la cattiveria dei tempi. Egli taglia corto. In un modo molto semplice. Facendo il cristianesimo. Egli non si mise ad incriminare, ad accusare qualcuno. Egli salvò. Non incriminò il mondo. Egli salvò il mondo».

Comunque vada a finire questa vicenda delle Croci spezzate, davanti a un gesto del genere abbiamo una sola alternativa: accusare qualcuno, e rimanere nel nostro misero egoismo; oppure fare il cristianesimo. Ma sappiamo ancora che cosa vuol dire “fare il cristianesimo”?

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