Nel 2013 ho avuto la gioia di accompagnare per qualche tappa l’urna di don Bosco, che, in preparazione al Bicentenario della nascita, ha girato più di 130 paesi.
Tanti cuori in festa, molti occhi sorridenti, ma soprattutto mani, tantissime mani che si allungavano al suo passaggio pronte a sfiorare anche solo per un attimo quel vetro, quasi come a cercare la conferma che quanto occhi e cuore stavano provando fosse vero. Ho potuto constatare (con i miei occhi) quanto la devozione sia fisica, quanto abbiamo bisogno di poter vedere e toccare per realizzare nel nostro cuore quell’Amore che ha deciso di farsi corpo: anche Lui.
Abbiamo bisogno di sentire, giorno per giorno, la presenza di ciò in cui crediamo, come un figlio ad ogni nuovo passo cerca con lo sguardo il genitore; abbiamo bisogno di toccare con le nostre mani la concretezza della verità.
Ne abbiamo bisogno, è vero: ma può bastare?
L’amore stesso non è una cosa tangibile, ma è esperienza concreta nel nostro corpo, lo sentiamo e lo viviamo. Per questo, all’esperienza fisica dobbiamo necessariamente “legare” l’esperienza spirituale, che è fede in ciò che non si vede, ma che sentiamo nel nostro corpo, incarnandolo ogni giorno con l’Amore.