Un paio di mesi fa, in Cina, sono nati due cuccioli di macaco: Zhong Zhong e Hua Hua. Niente di particolarmente strano, se non che questi sono stati prodotti utilizzando una tecnica di clonazione. L’ultima volta che si è parlato in ambito non specialistico di queste procedure è stato un ventennio fa, con Dolly: era il 1996 e il mondo aveva salutato questa nascita con moltissime speranze ed altrettanti timori. Dopo quattro lustri non molto è cambiato. Non è cambiata, sostanzialmente, la tecnica usata per far nascere le due scimmie, anche se qualche autorevole Specialista ha sottolineato come, in certi passaggi, ci siano state alcune innovazioni. Non è cambiata la percentuale di (in) successo di queste procedure: per far nascere Dolly si erano prodotti circa 280 embrioni, per far nascere i due macachi sembra si sia partiti da 301. Non è cambiato lo “stile” di comunicare queste notizie: molte delle interviste ad esperti che ho avuto modo di leggere su questo tema iniziano con un prudente “se confermato” o “se è vero”. Questo perché, al momento in cui scrivo questo articolo, il paper della rivista The Cell nella quale si annuncia la nascita dei macachi è in stato di “pre-press”, ossia reso disponibile online ma non ancora stampato. Come a dire: notizia freschissima, rilasciata perché chi vuole o può fornisca il suo contributo, ma massima prudenza. Eppure anche solo una rapida ricerca su Google mostra che, assieme all’annuncio di questa nascita, moltissimi blog e periodici online hanno parlato di passi in avanti per la cura di malattie, particolarmente quelle neurodegenerative. È chiaro a tutti che un esperimento di questo genere richiede grande impegno da parte di specialisti e Istituzioni, che si traduce in grandi somme investite. Ed è altrettanto evidente che queste ricerche hanno come obiettivo non soltanto una migliore e più precisa conoscenza della natura, ma un tentativo di applicare queste conoscenze all’uomo. Qui iniziano i timori. Si vuole aiutare l’uomo, cosa nobilissima, o fare le prove generali per clonarlo? In gioco, qui, c’è l’atteggiamento di fondo della Scienza: non sempre se si può fare tecnicamente si deve poter fare. Non un bene produrre esseri umani perché altri esseri umani possano ottenerne benefici. Perché un uomo non può essere considerato un mezzo, nemmeno se per ottenere la salute di un suo simile, soprattutto se non può essere in grado di dare il suo consenso. Perché un uomo ha il diritto di essere accolto per ciò che è, e non usato.
Leonardo Macrobio