«Mi chiamo Blessing Okoedion e sono nigeriana. Quattro anni fa sono arrivata in Italia coinvolta con inganno nella tratta degli esseri umani. Un’esperienza drammatica, di totale annullamento delle mia dignità. Ma con la fede in un “Dio che non dorme” ho trovato il coraggio di denunciare e di uscire da quell’inferno. In una comunità di suore, ho ritrovato la mia resurrezione». La prima domanda al Papa, durante l’incontro di preparazione al prossimo Sinodo dei vescovi sui giovani (lo raccontiamo a pagina 7, 8 e 9), la fa questa giovane ragazza nigeriana, finita sulla strada e poi liberata da un incontro che l’ha salvata dall’inferno in cui molte ragazze precipitano quotidianamente, tra la nostra pressoché unanime indifferenza. Chiede Blessing («benedizione», in italiano) al Santo Padre: «Mi chiedo e ti chiedo, ma la Chiesa, ancora troppo maschilista, è in grado di interrogarsi con verità su questa alta domanda dei clienti (delle prostitute, ndr)? Può essere credibile nel proporre ai giovani cammini di relazione tra uomo e donna liberi e liberanti?». Mi ha colpito come Francesco le risponde. Inizia con una dolorosa presa d’atto: «La domanda è senza anestesia, ma è la realtà, è la realtà». E finisce con una richiesta: «E io voglio approfittare di questo momento, perché tu hai parlato di battezzati, di cristiani, per chiedere perdono a voi e alla società, per tutti i cattolici che fanno questo atto criminale». Realtà e perdono: un Papa che non chiude gli occhi di fronte al male e chiede scusa (a nome nostro) è uno che ripercorre le orme di Cristo. Senza anestesia.
Andrea Antonuccio