Due Ildefonso, due abati, due vescovi: questi sono i protagonisti de Il carteggio (1929-1954) appena pubblicato dalle edizioni Jaca Book (pp 302, euro 30, con apparato fotografico). Il primo Ildefonso è Schuster, nato a Roma nel 1880, monaco benedettino nel 1899, presbitero nel 1904, maestro dei novizi a soli 28 anni, abate dell’abbazia territoriale di San Paolo fuori le mura in Roma nel 1918, arcivescovo di Milano e cardinale nel 1929, morto nel 1954, beatificato nel 1996. Il secondo è Rea, nato ad Arpino (FR) nel 1896, monaco benedettino nel 1915, sacerdote nel 1921, abate dell’abbazia territoriale di Cava de’ Tirreni (SA) nel 1929, arciabate dell’abbazia territoriale di Montecassino nel 1945, vescovo (rimanendo a Montecassino) nel 1963, morto nel 1971. Nelle loro lettere i due si confidano le loro fatiche di governo pastorale, condividendo poi anche i disastri bellici. «Milano è ridotta della metà; tutti si rifugiano in campagna», scrive il cardinale Schuster nel 1942 nella città bombardata; l’abate Rea si troverà pochi anni dopo a essere la guida del monastero completamente raso al suolo dagli Alleati. Furono due pastori molto amati dalla gente perché non la abbandonarono mai: il cardinale, non lasciando la metropoli lombarda, con uno stile di vita austero, si prodiga per preservarla dalle violenze belliche e tornare successivamente alla normalità con uno straordinario sforzo di carità; l’abate Rea incoraggia, progetta e si spende per far tornare all’antico splendore il cenobio fondato dallo stesso san Benedetto. La lettura di questo libro ci mostra come vocazione monastica e ministero pastorale siano assolutamente compatibili nel servizio a tutto l’uomo e a tutti gli uomini.
Fabrizio Casazza