Domenica 26 agosto si terrà l’annuale Festa popolare nella casa alpina “Maria Nivis” a Torgnon (Aosta). Per iscriversi (entro il 21 agosto) o per avere informazioni: Rita Ferretti (349 7484954) o Pietro Bovone (0131 296141). Abbiamo chiesto a Elisabetta Taverna, Presidente dell’Azione Cattolica diocesana, di dirci come sarà la Festa di quest’anno e perché vale la pena partecipare.
Elisabetta, quale impronta volete dare alla Festa popolare di quest’anno?
«Inizieremo dalla riscoperta della storia della festa e della Casa, non per nostalgici confronti col passato ma per vivere con consapevolezza il presente guardando avanti. Sono tanti ad aver accolto l’invito a condividere ricordi delle innumerevoli esperienze vissute a Maria Nivis. Riguardando le centinaia di fotografie, da quelle in bianco e nero di 50 anni fa alle digitali di oggi, si nota immediatamente un elemento comune che le attraversa: esprimono intensità, si coglie la pienezza dei momenti che ritraggono. Ho ritrovato anche l’articolo che nel 1968 la Gioventù Femminile pubblicò su Voce Alessandrina per annunciare il progetto di costruzione di Maria Nivis: viene definita “una casa per ritrovarci, ricrearci, ricostruirci” che “forse darà niente di proprio ma potrà offrire a ciascuno il dono della sua autenticità”, sottolineando come “gli incontri, le conversazioni, le contemplazioni, le conoscenze più che dare qualcosa, susciteranno e faranno crescere quello che potrà già essere presente in ciascuno ma che forse avrà bisogno di essere riscoperto”. Con gratitudine verso chi ha saputo coltivare e realizzare sogni così grandi, vogliamo allora continuare a “ritrovarci, ricrearci, ricostruirci” facendo emergere la stessa autenticità anche attraverso una semplice e informale giornata di festa, aperta a tutti, a chi ha un legame più o meno lungo con questo luogo, a chi vi è passato magari casualmente, a chi si avvicina con curiosità per la prima volta».
Dalla festa dell’Azione Cattolica alla festa della Diocesi alessandrina: a che punto siamo, in questo percorso?
«La festa in realtà non è mai stata dell’AC. Volentieri ce ne facciamo promotori ma il servizio che offriamo è nella prospettiva di costruire relazioni e percorsi che vadano oltre l’evento. Negli ultimi anni la collaborazione con la Consulta delle Aggregazioni Laicali ci ha aiutato a conoscerci reciprocamente tra le diverse realtà diocesane. E quando si instaurano amicizie diventa spontaneo sentirsi più coinvolti. Nel frattempo sono stati fatti passi ulteriori e il percorso è andato oltre la Diocesi. La festa della Casa non potrebbe essere tale senza il coinvolgimento di chi la gestisce. Lo staff della Cooperativa Coompany2 sta condividendo la preparazione, e non solo per gli aspetti logistici. Questo interessante intrecciarsi di storie ci fa avvicinare anche ad altri ospiti, non solo alessandrini. Infine nel nostro ritrovarci in una Casa così significativa ci sarà un’attenzione particolare ad altre Case della Diocesi: insieme abbiamo scelto di sostenere il progetto “Case Solidali” della Caritas, destinandovi le offerte raccolte nella giornata e sensibilizzando a promuoverlo nei cammini dei nostri gruppi».
Come avete pensato di coinvolgere i giovani?
«Sono alcuni giovani a ideare e coordinare l’animazione, anche se una caratteristica fondamentale della festa è la sua dimensione unitaria. Si è tutti ugualmente protagonisti, dai bambini agli anziani. Come in famiglia, ciascuno porta le proprie peculiarità e così si impara a mettersi al passo con l’altro, a trovare elementi comuni che creano sintonia in ogni tempo e a ogni età».
Che cosa ti auguri, per il nuovo “anno sociale” della nostra diocesi?
«Che sia un anno in cui allenarsi a trovare il giusto equilibrio tra contemplazione e azione, in cui la cura della vita spirituale ci porti a crescere sempre più come laici appassionati della Chiesa e del tempo in cui ci è dato di abitare, capaci di accompagnarci reciprocamente con il Vescovo e i sacerdoti, di aprirci a contesti nuovi cogliendone la ricchezza e l’opportunità che ci offrono di diventare autentica Chiesa in uscita».
Andrea Antonuccio