Commento al Vangelo di Domenica 2 dicembre 2018
I domenica di Avvento
“Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò a essere felice.” Così dice la volpe al piccolo principe nel celebre libro di Antoine de Saint-Exupery . Inizia il Tempo liturgico di Avvento e anche quest’anno la liturgia ci guida verso il Natale del Signore Gesù con un tempo di preparazione, di attesa, di gioiosa trepidazione; comincia un nuovo anno liturgico, un anno della “divina grazia”, durante il quale il mistero di Cristo, nato, morto e risorto per noi, viene ripresentato e rivissuto nel nostro tempo cronologico e nella nostra vita quotidiana a ricordo e “memoriale” della Sua prima “venuta storica”, che dà inizio al tempo della salvezza, e della seconda “venuta escatologica”, che sarà il compimento di essa. Infatti, se ci facciamo caso, ogni anno si conclude con la solennità di Cristo Re, e il vangelo ci invita a meditare sulla gloria e la venuta finale del Signore, la stessa tematica viene riproposta nella prima Domenica di Avvento dell’anno successivo.
Non a caso la liturgia nella notte di Pasqua ci fa dire e pregare: “Cristo alfa e omega, Principio e fine, a Lui appartengono il tempo e i secoli a lui la gloria e il potere per tutti i secoli in eterno”. La prima domenica d’Avvento dell’anno C ci chiede e ci sprona ad avere Fiducia e dare Fiducia, in pratica a rinnovare ogni giorno la nostra fede, la Fede in Dio, in Gesù Cristo Salvatore, ad avere fiducia nel compimento delle sue promesse (I Lettura Geremia 33,14-16).
Impedire alla paura di paralizzarci in un clima di morte
Ci invita e ci sprona ad Amare, a far “crescere e sovrabbondare” la carità in tutti i credenti (II Lettura prima Tessalonicesi 3, 12-42). Ci invita e ci sprona ad avere Speranza, cioè ad essere felici e ad avere un motivo per cui vivere, da attendere, nel quale appunto, sperare, soprattutto nel momento di prova, di disperazione, di paura: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina” (Vangelo Lc 21,25-28.34-36). In sintesi questa Domenica ci viene consegnata una “ricetta speciale”: fiducia, amore e attesa in altri termini Fede, Carità e Speranza. Sono gli unici ingredienti che ci guariscono dal male assoluto: la paura e la disperazione. Questo male ci allontanano dalla Salvezza, da Cristo e dai suoi Fratelli. Il vangelo di Luca ci indica inoltre alcune accortezze per non correre “rischi” affinché la “fine” non arrivi prima del tempo o come noi vorremmo che avvenisse. Il primo rischio è l’allarmismo terrorista: tante volte si va in cerca della fine del mondo, cercando segni e avvenimenti attuali per fondare profezie catastrofiche che non hanno nulla a che fare con la Misericordia e la saggezza di Dio.
Gli avvenimenti descritti non coincidono con la fine del mondo e non ci dicono il momento e il luogo preciso in cui essa avverrà. Un altro rischio è quello dello scetticismo, di fronte alle difficoltà e dai dolori della realtà tendiamo a fuggire rifugiandoci in idee spiritualiste, perbeniste e ingenuamente ottimiste. In ultimo c’è il rischio della rassegnazione, cioè la totale sfiducia nella potenza amorosa di Dio. “Io non mi salverò, ormai è andata così, il mondo è perverso, non c’è nulla da fare…”: sono le frasi che talvolta nel quotidiano ci invadono la testa e non ci accorgiamo di avere chiuso le porte alla speranza, alla felicità, all’azione Salvifica di Gesù.
Perciò occorre vigilare, cioè lottare contro l’angoscia e l’ansia e non lasciarsi intrappolare dallo smarrimento. Cercare di trovare forza e coraggio per impedire alla paura di paralizzarci e di farci vivere in un clima di morte, impedire l’appesantimento del cuore e infine pregare, chiedendo al Signore di renderci uomini e donne fiduciosi, amanti e speranti nella sua salvezza, che non avverrà solo alla fine ma avviene on ogni minuto della nostra esistenza.
ChiediamoGli di saper vegliare, di attenderlo e di poter comparire di fronte a Lui nell’unico segno più luminoso del “sole, della luna e delle stelle”, l’eucarestia. Solo così ogni volta che ci accostiamo alla sua mensa incominceremo a “essere felici” almeno un’ora prima, perché sappiamo di incontrare il Principe del mondo che si fa piccolo e in Lui tutti diventiamo amici, fratelli redenti e salvati già in questo mondo. Concludo lasciandovi un piccolo pensiero: un giorno la paura bussò alla porta, la Fede si alzò, andò ad aprire e vide che non c’era nessuno.
A cura di don Santiago Ortiz