Commento al Vangelo di Domenica 9 dicembre 2018
II domenica di Avvento
Nella seconda Domenica di Avvento siamo invitati a “preparare le vie del Signore” che sta “arrivando”. Proprio come una sposa si prepara a incontrare lo sposo, così come una mamma premurosa prepara nel dettaglio il pranzo domenicale per la famiglia, come un nonno attende la visita dei nipotini essendosi procurato prima qualche caramella da regalare. Cioè ci dobbiamo dotare di un atteggiamento e di una modalità. L’atteggiamento ci è già stato suggerito: pregare e vigilare, e nel Vangelo di questa domenica ci viene indicato come farlo, attraverso la modalità. L’Evangelista Luca, descrivendo Giovanni Battista ci riconsegna le parole del profeta Isaia che parlava al popolo di Israele preannunciando il suo ritorno dal esilio.
Sono parole di conforto, di speranza, di consolazione, parole che rianimano e danno vita ai tanti cuori spezzati, persi, delusi e rassegnati; sono parole di certezza: «Ogni uomo vedrà la salvezza». Queste parole sono rivolte anche a noi, annunciano la nostra liberazione dalla schiavitù del peccato, cioè la salvezza portata e donata da Gesù una volta per sempre. Non solo gli apostoli hanno visto la Salvezza fatta carne, ma noi siamo nel Tempo della salvezza, questo tempo ha un inizio ben preciso, il quindicesimo anno dell’impero di Tiberio Cesare, 28° della nostra era. Questa indicazione ci viene fornita da Luca stesso nella lunga introduzione. Papa Benedetto XVI nel suo libro “Gesù di Nazareth” scrive: «L’Evangelista vuole avvertire chi legge o ascolta che il Vangelo non è una leggenda, ma il racconto di una storia vera, che Gesù di Nazareth è un personaggio storico inserito in quel preciso contesto. Il secondo elemento degno di nota è che, dopo questa ampia introduzione storica, il soggetto diventa la parola di Dio, presentata come una forza che scende dall’alto e si posa su Giovanni il Battista».
Preghiera, vigilanza, conversione e umiltà
Siamo chiamati, come Giovanni, a gridare nel deserto della nostra vita e del nostro mondo la gioia e la fine della schiavitù, cioè la Salvezza. Ma non solo, dobbiamo diventarne l’oggetto su cui la Parola possa posarsi e rimanere e quindi trasformare. Le parole di Isaia non sono però semplici d’assimilare, c’è un unico metodo e un’unica via per poterlo fare: Convertirsi. Cioè cambiare, permettere a Dio di trasformare il nostro cuore, lasciare le nostre abitudini e sicurezze, le nostre ideologie e preconcetti, fidarsi di quei tanti profeti di sventura del nostro tempo, dei Giovani Battista di oggi, quelli che nell’umiltà e nel nascondimento urlano con il loro esempio di vita l’arrivo silenzioso e trasfigurante di Dio. In concreto, lasciare scoperto un piccolo spazio della nostra libertà affinché possa essere riempito dall’amore di Dio, dalla sua parola di Salvezza solo cosi, avendolo provato in prima persona, potremmo indicare ad altri la via della felicità. Quella via che il deserto del nostro mondo, delle nostre fatiche, delle nostre guerre e dei nostri egoismi ci fa perdere, dimenticare o addirittura ignorare.
In ultimo, il Vangelo specifica un luogo ben preciso, dove “gridare” e “preparare” il deserto. Nonostante nell’immaginario collettivo esso possa apparire come luogo di morte, di terrore e di paura è uno dei luoghi preferiti da Dio per parlare al suo popolo, per far sentire la sua presenza e provvidenza. Il deserto è il luogo della nudità spirituale, della povertà, è il luogo dell’umiltà dove Dio tocca il cuore degli uomini ed essi trovano in Lui un pozzo per dissetarsi, un’oasi di “pace e di giustizia”. Forse lo sta facendo ancora oggi, negli interminabili deserti che ogni giorno affrontiamo, soprattutto quello della solitudine e dell’indifferenza. Preghiera, vigilanza, conversione e umiltà. Queste sono le parole che segnano il nostro cammino di avvento, questo è l’atteggiamento e il modo che dobbiamo assumere se davvero vogliamo incontrare Gesù, non solo questo Natale ma alla fine di ogni nostra giornata. In aiuto ci vengono dati i sacramenti, strumenti della salvezza, in particolare quello della confessione, affinché nonostante i deserti della nostra umanità la nostra voce possa gridare e cantare la Sua Salvezza e cosi trovare un pozzo per la nostra sete. Vi lascio con questo pensiero: «Ciò che fa bello il deserto, disse il piccolo principe, è che da qualche parte nasconde un pozzo»…
A cura di don Santiago Ortiz