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La testa e la pancia – Caro amico ti scrivo

Recentemente ho avuto modo di confrontarmi con un caro – e vecchio (di frequentazione) – amico, difensore ad oltranza di Luca Di Masi e di questa società secondo motivazioni condivisibili, almeno negli intenti: il mio amico, infatti, consapevole dei danni incalcolabili provocati nel passato da una certa mentalità alessandrina criticona e sfascista ad ogni costo, ha colto nel giovane rampollo della Torino-bene sbarcato quasi sei anni fa in riva al Tanaro, un’irripetibile occasione di mecenatismo calcistico animato solamente dalla passione nel vedere sbandierare il vessillo della società della nostra (non della sua, e questo è un valore aggiunto) squadra cittadina e ha, con lungimiranza, compreso che lo stesso vada comunque incoraggiato e sostenuto. Un simile spirito, come detto in contraddizione con la peggiore alessandrinità, è sicuramente da apprezzare proprio perché proviene da un soggetto che di alessandrinità se ne intende e che sa cogliere il valore dei treni che non passano una seconda volta.

Ciò premesso, lo stesso, in relazione ad una mia recente intervista su “Hurrà Grigi” in occasione della quale – pur tenendomi lontano da certe posizioni “disfattiste” – evidenziavo come non si possa parlare di progetto in chiave futura, bensì di notevole ridimensionamento della squadra in relazione alla presente stagione, mi ha bonariamente rimproverato affermando che questa squadra è invece competitiva e che, fatta eccezione forse per un solo elemento (di cui non svelerò il nome), e con una differente conduzione tecnica, potrebbe veramente volare alto. E qui, invece, devo dire di non essere più molto d’accordo con il mio caro interlocutore: già, perché – anche a voler lasciare in secondo piano il sottoscritto – tutti i critici calciofili della migliore stampa sportiva alessandrina, nonché gli allenatori ed i giocatori avversari che, abbandonando la consueta diplomazia, hanno detto la loro nel corso di questo campionato, sono stati concordi nell’affermare che la squadra di quest’anno non sia neppure lontana parente di quelle degli anni precedenti, che avevano lottato fino all’ultima giornata dei play-off per una promozione in Serie B.

Quindi, saper apprezzare e riconoscere gli sforzi dell’attuale presidente (perlomeno per chi si picca, come il sottoscritto, di voler rendere un servizio giornalistico) non deve essere tale da rinunciare all’obiettività ed a non evidenziare quelli che sono i reali limiti di una formazione con veramente poco in comune rispetto a quelle degli anni precedenti. La morale? Giustissimo abbandonare i vecchi atteggiamenti di critica aprioristica che hanno soltanto nuociuto a questa città ma, a patto che ciò non significhi arrivare ad un completo cambio di pelle tale da trasformare la bandita critica in elogio ad ogni costo perdendo la capacità valutativa per capire che cosa non funziona e dove occorre intervenire per porre rimedio. Chi vivrà dunque vedrà.

Silvio Bolloli

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