Sabato sera, 11 maggio, la Veglia per le vocazioni. E il giorno successivo, domenica 12, nel pomeriggio, i Vespri e la Processione della Madonna della Salve per le vie della città. Un weekend significativo per la nostra diocesi, che proviamo a raccontare con il nostro vescovo, monsignor Guido Gallese.
Eccellenza, come giudica questa “due giorni” così intensa? Partiamo dalle Veglia vocazionale di sabato…
«Ho provato una grande gioia. Ho respirato, tutti abbiamo respirato, un’atmosfera profondamente ecclesiale. E in un modo alquanto inusuale». Inusuale? Perché? «La coralità del gesto, pur se “impalpabile”, era vera, reale. Non un compitino da svolgere, insomma, ma un’espressione di vita equilibrata, autentica, partecipata. Si è sentita la partecipazione dei cuori».
Nel 2017, congedando i partecipanti alla Veglia, lei disse che di lì a poco avremmo visto dei “frutti”. A un anno di distanza, quale bilancio fa?
«I frutti sono vocazionali. L’anno scorso, nel seminario interdiocesano c’erano un seminarista e un propedeuta. Quest’anno ci troviamo con un seminario diocesano, quattro seminaristi e un propedeuta. Questo è già un primo dato importante, sia quantitativo che qualitativo. Quantitativo, perché ovviamente quattro è più di uno; qualitativo, perché abbiamo dato vita a un
seminario diocesano, con una formula diversa dal solito modo di concepire i seminari: lo abbiamo fatto in una parrocchia e con una comunità di preti. Mi sembra, da quel che vedo finora, che sia una formula molto positiva».
La Veglia di quest’anno è stata molto partecipata…
«Direi che è stato l’anno con più persone, soprattutto con più giovani. E tra questi, mi hanno colpito i giovani del Duomo e del Sacro Cuore di Valenza, che con don Santiago Ortiz hanno iniziato un percorso di servizio e di bellezza. animando la Veglia con il canto e la musica. Sono stati bravissimi!». E dopo la Veglia per le vocazioni, la Processione della Salve. «La Processione è la quarta domenica di Pasqua, e coincide con la Giornata mondiale per le vocazioni. Questa coincidenza per me è davvero provvidenziale: ci permette di celebrare la nostra Patrona con uno sguardo vocazionale».
Parliamo della Processione, allora.
«Ho sentito grande partecipazione. Rispetto agli anni scorsi, ho visto più gente lungo il percorso e più gente ad aspettare il passaggio della Madonna, con uno stile raccolto, non dettato da semplice curiosità. E la processione è stata proprio bella, profonda».
Lei quest’anno che cosa ha chiesto alla Salve?
«Ho ringraziato, con tanta gratitudine. Questo è il mio settimo anno pastorale. Dovrebbe essere l’anno della crisi… io scherzando dico che ho avuto sei anni di crisi, e in questo invece vedo dei germogli. E anche i primi frutti».
Nel saluto ai fedeli dopo la Processione, lei ha citato la recente disposizione del Papa, grazie alla quale d’ora in poi diocesi e parrocchie potranno organizzare i pellegrinaggi a Medjugorje ufficialmente, e non più «in maniera privata» come accaduto finora. Ci spiega la novità?
«La novità è che prima di questa disposizione del Santo Padre a Medjugorje ci andavo in ferie, magari con qualche amico. E proprio perché “in forma privata”, non presiedevo mai una celebrazione eucaristica in parrocchia, se non la Messa domenicale italiana. Con un’eccezione: quest’estate mi è stato chiesto espressamente di concelebrare la Messa solenne nella chiesa di San Giacomo a Medjugorje, con la quale l’arcivescovo polacco Henryk Hoser ha cominciato il suo ministero di visitatore apostolico a carattere speciale, nominato dal Papa. Adesso, invece, posso celebrare ufficialmente l’Eucaristia».
E quindi ora organizzerà un pellegrinaggio diocesano?
«Non vedo l’ora! Non so ancora quando, ma presto. Io sono andato a Medjugorje quando avevo 20 anni, e sono rimasto colpito in un modo talmente profondo da cambiare drasticamente la mia vita spirituale. Non solo nella pratica della preghiera, ma soprattutto nella “freschezza” della vita di Chiesa che ho vissuto in quel luogo. Le celebrazioni eucaristiche, le adorazioni, le confessioni… Mi colpì, a 20 anni, la parrocchia di Medjugorje, con questi omoni grandi e grossi, apparentemente rozzi, che si inginocchiavano davanti al Signore, pregando e rispondendo con un solo cuore».
Andrea Antonuccio