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«È in gioco il futuro dell’umanità»

Padre Ripamonti, presidente del Centro Astalli

Il titolo del messaggio di papa Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2019, Non si tratta solo di migranti, potrebbe apparire come la forma evoluta del “prima noi” che oggi sembra impadronirsi delle nostre società, delle nostre comunità sotto la spinta di una paura che offusca la capacità di vedere i segni dei tempi. In realtà il messaggio va a smascherare proprio questo atteggiamento escludente, che di fatto condanna il cristiano alla chiusura e all’assuefazione alla cultura dello scarto piuttosto che aiutarlo a comprendere come il fenomeno migratorio, oggi, possa farci uscire da questo vicolo cieco. Chi bussa alla porta del nostro Paese, delle nostre comunità cristiane, ci aiuta a fare discernimento su cosa ci chiede lo Spirito oggi. Diceva lo stesso papa Francesco nel suo ultimo viaggio in Romania incontrando la Comunità Rom di Biaj: «Sempre, nella storia dell’umanità, ci sono Abele e Caino. C’è la mano tesa e la mano che percuote. C’è l’apertura dell’incontro e la chiusura dello scontro. C’è l’accoglienza e c’è lo scarto. C’è chi vede nell’altro un fratello e chi un ostacolo sul proprio cammino. C’è la civiltà dell’amore e c’è quella dell’odio. Ogni giorno c’è da scegliere tra Abele e Caino. Come davanti a un bivio, si pone tante volte di fronte a noi una scelta decisiva». Allora il messaggio ci offre una bussola per muoverci all’interno del nostro mondo sempre più globalizzato, ma sempre più indifferente, e ci offre gli strumenti per vincere il declino morale che ci conduce inesorabilmente alla legittimazione tacita della cultura dello scarto. I migranti e i rifugiati ci aiutano a non cedere alle nostre paure, legittime quando affrontiamo realtà, culture e persone che non conosciamo. Ci aiutano a riconoscere i nostri fantasmi interiori e a imboccare con speranza la strada dell’incontro con chi è diverso. I migranti, con i loro mancati arrivi, frutto di accordi ignominiosi con Paesi terzi insicuri non rispettosi dei diritti o di vergognosi bracci di ferro nel Mediterraneo, smascherano la nostra perdita progressiva del senso di umanità. Infatti, quando non riusciamo più ad avere compassione, soprattutto di chi soffre in centri di detenzione lontani, anche se bambini e persone vulnerabili, o di chi rischia di morire in mare, progressivamente perdiamo la tenerezza di sguardi e gesti fraterni anche con chi è più prossimo. I migranti e i rifugiati denunciano, con le loro partenze forzate, le nostre società sempre più elitiste, dove i ricchi sono sempre più ricchi depauperando ingiustamente le risorse del mondo e lasciando i poveri sempre più poveri. Tali ineguaglianze diventano sempre più comuni anche alle nostre latitudini, divaricando la forbice sociale all’interno delle nostre comunità che si trovano divise e conflittuali. Per ripartire occorre rimettere gli ultimi al primo posto di politiche attente e solidali, non alimentando guerre tra ultimi e penultimi a causa di risorse limitate. Questo è possibile imboccando la strada dello sviluppo umano integrale e i rifugiati, spesso feriti proprio nella loro dignità, ci richiamano a non trasformare i diritti di tutti in privilegi di alcuni. Quello che oggi può apparire una questione solo dei migranti, in realtà, riguarda tutti, perché è in gioco il presente e il futuro della famiglia umana.

Dati aggiornati al 24 settembre 2019
tratti dal Cruscotto statistico
del Ministero dell’Interno

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