La testa e la pancia
Per chi scende in campo una seconda pelle cucita addosso
La pioggia torrenziale che ha colpito la nostra landa nel corso dell’ultima settimana, e che – prezzo atroce da pagare – ha portato via qualche vita umana anche in quest’ultima tornata e ci ha costretti a rallentare le nostre percorrenze alla ricerca di qualche via praticabile per raggiungere il Capoluogo dall’agro circostante tenendoci in apprensione per il livello dei fiumi – amici/nemici da una vita – mi ha fatto pensare ai legami tra una natura talvolta impietosa e la nostra amata squadra di calcio o, come si diceva un tempo, di football. Non sarà forse un caso che il campo di giuoco dell’Alessandria sorga ai limiti del Rione Orti e a pochissime centinaia di metri, meno di un tiro di schioppo, dal fiume Tanaro. E non sarà un caso che il campo precedente fosse il famoso “Campo degli Orti”, in zona via Poligonia – via Rettoria al tempo, ancor più di oggi, facilmente esondabile (peraltro, dalle stesse parti, si snodava il circuito del vecchio “Bordino”, al tempo prestigiosissima competizione automobilistica che si correva a ridosso del fiume Tanaro).
L’Alessandria ha dunque fatto della forza della natura una sorta di bandiera tant’è che una caratteristica dei suoi campi è sempre stata quella di presentarsi alla stregua di melmosi acquitrini nelle stagioni di mezzo: una specie di sabbia mobile in cui anche gli avversari più coriacei e tenaci finivano con l’impantanarsi ma non i Grigi, capaci di lottare e muoversi come gazzelle pur sprofondando nella melma fin sopra alle caviglie. E allora non è neppure un caso che alcuni giocatori dei Grigi, proprio per la capacità incredibile di muoversi su quei terreni, avessero meritato l’appellativo di “uomo del fango”: uno su tutti quell’ Elvio Banchero che indossò anche le casacche di Roma, Genoa, Spal, Parma e Nazionale maggiore (ove totalizzò tre presenze). Infine, non è forse un caso che lo stesso colore plumbeo della maglia dell’Orso, il grigio, qualche cosa di unico nel panorama calcistico, richiami l’idea di un cielo buio e tempestoso, pronto ad aprire le sue cateratte verso il suolo: però, quel grigio, per molti indice di tristezza e di oscurità, è stato invece spesso la forza della nostra squadra, come della nostra gente. Una sorta di seconda pelle cucita addosso.
Silvio Bolloli