Giornata del malato
Il Signore rimane sempre fedele al suo amore, ricoprendo le nostre ferite con la carezza della sua misericordia
Ogni anno l’11 febbraio, la memoria liturgica di Nostra Signora di Lourdes ci riporta nella piccola località ai piedi dei Pirenei, scelta da Maria per manifestare all’umanità intera la sua materna sollecitudine nei confronti dei malati. Lì, nella grotta di Massabielle, ai piedi della Vergine Immacolata, ancora oggi ogni donna e ogni uomo segnati dalla sofferenza e dalla malattia, insieme a coloro che se ne prendono cura, hanno la possibilità di sperimentare la consolazione e la grazia che Dio concede a quanti la implorano con fede sincera. La Giornata mondiale del malato, come ricorda Giovanni Paolo II nella lettera di istituzione di questa ricorrenza (1992), ha «lo scopo di sensibilizzare il popolo di Dio e la società civile, alla necessità di assicurare la migliore assistenza agli infermi; di aiutare chi è ammalato a valorizzare, sul piano umano e soprattutto su quello spirituale, la sofferenza; a coinvolgere in maniera particolare le diocesi e le comunità cristiane nella pastorale sanitaria; a favorire l’impegno sempre più prezioso del volontariato; a richiamare l’importanza della formazione spirituale e morale degli operatori sanitari e, infine, a far meglio comprendere l’importanza dell’assistenza religiosa agli infermi, nonché di quanti vivono ed operano accanto a chi soffre».
Quest’anno accogliamo in particolare l’invito che ci viene dal Vangelo di Matteo (11,28): «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro». Andiamo a lui, questo il cammino: è il Signore l’unico e il solo che offre speranza, che realizza la salvezza per tutti. È lui, il Signore, che può offrire una sosta di ristoro nel cammino della vita. Da lui impariamo anche ad accogliere con umiltà gli eventi della nostra esistenza, le gioie insieme con le fatiche, consapevoli dei limiti che la vita porta con sé, limiti che portiamo nel nostro corpo ma anche nel nostro cuore. Siamo così chiamati a ricordarci che il Signore rimane sempre fedele al suo amore, non si stanca mai di amarci e si prende cura di noi, ricoprendo le nostre ferite con la carezza della sua misericordia. È un Dio che mai ci dimentica e che mai ci abbandona quello a cui noi ci rivolgiamo. Chi si trova nella prova ha davvero bisogno di questa speranza, ha bisogno di questa pace e della consapevolezza che il Signore conosce tutte le nostre difficoltà, che non ci lascia mai soli e non ci abbandona. Gesù Cristo, ricorda papa Francesco nel messaggio per questa giornata 2020, «a chi vive l’angoscia per la propria situazione di fragilità, dolore e debolezza, non impone leggi, ma offre la sua misericordia, cioè la sua persona ristoratrice. Gesù guarda l’umanità ferita. Egli ha occhi che vedono, che si accorgono, perché guardano in profondità, non corrono indifferenti, ma si fermano e accolgono tutto l’uomo, ogni uomo nella sua condizione di salute, senza scartare nessuno, invitando ciascuno ad entrare nella sua vita per fare esperienza di tenerezza». Chi poi sperimenta nella propria vita questo amore fedele di Dio e la sua consolazione è in grado – e forse anche in dovere – di stare vicino ai fratelli più deboli e di farsi carico delle loro fragilità. Per questo papa Francesco nel suo messaggio si rivolge anche agli operatori sanitari, ai volontari, ai medici e agli infermieri, ricordando che essi agiscono sempre «facendo sentire la presenza di Cristo, che offre consolazione e si fa carico della persona malata curandone le ferite».
don Stefano Tessaglia
Responsabile Ufficio diocesano
pastorale della Salute