Editoriale
Care lettrici,
cari lettori,
apriamo questo numero con una intervista che prende spunto dalla tragica scomparsa di Elisa, una ragazza di 24 anni morta nella notte tra lunedì e martedì scorso, e molto conosciuta in parrocchia (al Sacro Cuore di Valenza) per il suo impegno come catechista. Abbiamo chiesto a don Santiago Ortiz e a don Giuseppe Biasiolo di aiutarci a capire perché Dio può far morire una persona a 24 anni. E come si possa accettare un avvenimento del genere, che potrebbe colpire (o forse ha già colpito) anche noi. La morte di un figlio non la si può immaginare: abbraccio forte i genitori di Elisa, a cui è toccato vivere questo strazio. Non riesco a non pensare alla felicità dei genitori che attendono e custodiscono la loro creatura. E alla gioia di una madre che, pur nel travaglio del parto, dà alla luce un figlio: che stupore pieno di commozione e gratitudine nel vedere una vita nuova, carne della tua carne ma già “altro” da te. E accorgersi, come diceva una mia amica, che quell’essere appena partorito, ancora non autosufficiente, «se ne sta già andando». Mi tornano in mente le parole che Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, disse alla Madonna quando il bambino Gesù fu presentato al tempio: «E a te stessa una spada trapasserà l’anima, affinché i pensieri di molti cuori siano svelati» (Lc 2,35). Nemmeno a Maria è stato risparmiato questo dolore… ma noi vorremmo invece che i nostri figli fossero eterni, che fossero davvero “nostri”: non è così, la realtà è spietata. Da una parte siamo tesi alla vita, al “per sempre”; dall’altra, dobbiamo fare i conti con la morte. Come nel caso di Elisa, o come in tante altre situazioni che viviamo quotidianamente. E non è sufficiente appiccicare delle buone consolazioni (fossero anche cristiane) per mettersi il cuore in pace.
A me non basta, non so a voi. Teniamo aperta questa domanda: vediamo dove ci porta.
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