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Ai piedi della Madonna della Salve

Intervista al nostro Vescovo monsignor Guido Gallese

Eccellenza, siamo entrati nell’Ottavario della Madonna della Salve, e lei è tornato da poco dal primo pellegrinaggio diocesano a Medjugorje.
«Sì, questo è stato il nostro primo pellegrinaggio diocesano a Medjugorje. Sono molto grato al Signore… mi ha fatto tanto piacere viverlo perché ho condiviso con altri sacerdoti e laici, un’esperienza spirituale che ha segnato la mia vita. Papa Francesco ci ha chiesto di tornare alla “prima Galilea”, al luogo in cui abbiamo incontrato Gesù. E a Medjugorje veramente ho avuto un incontro forte con Dio attraverso la preghiera e, soprattutto, attraverso la comunità di quei croati che ho conosciuto per la prima volta nel 1982. A quell’epoca a Medjugorje c’erano solo loro (sorride). Io vedevo questa gente che in una lingua “ostrogota” pregava Dio rispondendo alla Messa a una sola voce, con la potenza di un tuono, tenendo il Rosario in mano».

Una scena paradossale.
«Veramente paradossale. Non so come spiegare… vedevo negli occhi di questi “omoni” una dolcezza, il segno di un incontro. E solo dopo tanti anni ho capito che a colpirmi era stata la comunità cristiana formata da loro. Mi avevano fatto esclamare: “Ma allora il Vangelo è vero!”. Le persone, il loro atteggiamento, la loro fede palpabile: lì ho compreso che il Vangelo era vero. Non che prima avessi dubitato della veridicità storica ma, come dire, non è una questione soltanto intellettiva…».

È una questione di esperienza?
«È una questione di esperienza. C’è un momento in cui nel cuore qualcosa ti grida che è vero, che è proprio vero. Perché le cose stanno così come sono sul Vangelo: non perché ho fatto una prova storica, accademica, ma perché lo vedo funzionare! Un conto è dire: “Ah, questo progetto è proprio ben fatto” e lo valuti solo sulla carta. Un altro conto, quello che ti convince, è vedere un macchinario che funziona e fa una cosa che ti affascina. È una magia!».

La sua “prima Galilea” è dunque il primo viaggio a Medjugorje del 1982. Cos’è cambiato, a 41 anni di distanza?
«In tutto questo tempo sono cambiate tante cose. Tuttavia Medjugorje è rimasta un luogo di preghiera straordinario, di cambiamento di vita, di testimonianze fulminanti, di racconti bellissimi. Mi ha colpito molto fare la Via Crucis insieme sul monte Križevac, sulla sommità del quale c’è una croce costruita dalla popolazione della parrocchia nel 1933, in occasione del Giubileo per il 1900º anniversario della Redenzione. Questo è diventato un luogo di salvezza su cui tante persone vengono a portare i pesi della loro vita, per avere la possibilità di portarli in un modo diverso e nuovo, con Cristo».

Veniamo ad Alessandria, dove siamo nel pieno dell’Ottavario dedicato alla nostra Santa Patrona. Un’altra Madonna…
«La Madonna, di Medjugorje o della Salve, è sempre la Madonna. Il titolo, o la prospettiva, attraverso cui la guardiamo è diverso, perché è il modo in cui Lei si è mostrata nel mondo. Io a Medjugorje ho conosciuto davvero la Madonna, anche se recitavo il Rosario anche prima di andare lì. Lo recitavo già dalle scuole medie… Non tutti i giorni, no (sorride). Certo, storicamente ho conosciuto la Madonna in maniera più “forte” proprio a Medjugorje; ma da Vescovo sono arrivato qui ad Alessandria e ho trovato la Salve ad accogliermi. Mi stava aspettando. È la stessa Madonna, che mi dà un messaggio diverso. Come un’amica che non ti dice solo una cosa nella vita».

Cosa dice allora la nostra Clementissima Patrona?
«La Madonna della Salve dà il messaggio di essere Colei che sta sotto la croce del figlio, sostenuta da Giovanni, primo discepolo e autore dell’omonimo Vangelo e dell’Apocalisse. È una Madonna dello Spasimo, sta partorendo Cristo, come fa la Chiesa, nel dolore: è come la donna dell’Apocalisse che gemeva nelle doglie del parto e dà alla luce il figlio maschio destinato a governare le genti. La Salve, nel suo essere sotto la croce, ci ricorda che nella Chiesa partorire Cristo è faticoso, è un dolore. Ma è anche, e soprattutto, generare Colui che è destinato a governare tutte le genti. Lo so, è un messaggio particolare, diverso da quello della pace, della preghiera o del digiuno…».

Un messaggio di dolore e di morte, che però dà vita.
«Noi il dolore lo evitiamo, per quanto possiamo. E quando è inevitabile, chiediamo a Dio che ce lo faccia sparire. Questo non è l’atteggiamento che Gesù ha avuto nel suo percorso storico. Cristo è morto in un certo modo, non ha reso l’anima al Padre, non si è addormentato, non è semplicemente deceduto… ma attraverso la sua morte ha consegnato lo Spirito a noi. Allora io muoio con Cristo quando vivo con un certo spirito la mia vita, come Lui, che è stato mite e umile di cuore. Quando io vivo pieno del suo amore, le mie morti, queste mie morti, mi portano vita, è un modo diverso di vivere. E te ne accorgi perché senti che ti succede qualcosa che non ti appartiene, che non è tuo. È una sorpresa! La serenità in certi problemi non è merito tuo, non te la dai tu. Ma è che tu vivi abbandonato a un Dio che provvede a te in ogni momento, in quelli belli, in quelli brutti. E in questa sua Provvidenza ti fa passare attraverso delle sofferenze, come non ha disdegnato di fare anche con suo Figlio, dentro alle quali hai una pace particolare, quella che viene da Dio, che Lui solo ci può dare. E che il mondo non dà».

Che cosa chiede quest’anno il Vescovo di Alessandria alla Salve?
«Quello che chiedo alla Madonna della Salve è che cresciamo nella comunione della fede, cioè nel condividere la nostra fede e camminare di conseguenza. Vuol dire che in questo anno di partenza delle Unità pastorali dobbiamo fare un lavoro di comunione. E questo lavoro di comunione è prima di tutto una condivisione della fede: riconoscersi persone che si abbandonano allo stesso, medesimo, Dio, alla sua azione di grazia, e sanno stare come Maria sotto la croce. Persone capaci di sentirsi dire (di ascoltarlo col cuore!): “Madre, ecco tuo figlio!” e “Figlio, ecco tua madre!”. Questi gradi di parentela sono nella fede, la nostra è una parentela nella fede. Non è più il sangue, non è più la carne a determinarci, ma c’è una novità di parentela in virtù della fede. Cioè in virtù del vero abbandono a Dio».
Una nuova parentela tra di noi…
«Tra di noi e con Dio. E con la Madonna, con la Chiesa».

 Andrea Antonuccio

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