La recensione
È uscito in questi mesi il secondo volume delle Lettere (Ares, pp 256, euro 18) di San Josemaría Escrivá. Nato in Spagna nel 1902, ordinato presbitero nel 1925, nel 1928 vide la missione che il Signore pensava per lui fondando l’Opus Dei, che nel 1982 san Giovanni Paolo II trasformò in prelatura personale, aperta a persone sposate e a chierici. Ottenuto il dottorato in diritto e quello in teologia si dedicò senza risparmio alla predicazione e al consolidamento dell’Opus Dei. Morì nel 1975 a Roma, dove è sepolto nella chiesa prelatizia di Santa Maria della Pace. Il medesimo Pontefice lo beatificò nel 1992 per canonizzarlo dieci anni più tardi.
Il libro che presentiamo è composto da quattro circolari che monsignor Escrivá inviò ai suoi discepoli dal 1930 al 1967. Il tema dominante è la santità nel quotidiano fondata sulla competenza professionale. Così, per esempio, esortava in una missiva: «Il Signore continua a inondare di luce gli uomini, una luminosità che è vita e calore di misericordia, perché Lui è carità, amore. Egli fa di noi come torce, perché quello splendore illumini le anime e sia fonte di vita per tutti, dopo aver illuminato e riempito la nostra del fuoco delle ispirazioni divine» (p. 66).
Ancora raccomandava con una spiritualità aliena da misticismi disincarnati: «Il Signore ci invita a essere suoi strumenti, per ricordare in mondo pratico, anche con il nostro esempio di vita, che la chiamata alla santità è universale, rivolta a tutti senza privilegiare alcuno, non è destinata in esclusiva a un determinato stato di vita e non pone come condizione l’abbandono del mondo: qualunque lavoro, qualsiasi professione può essere cammino di santità e mezzo di apostolato» (p. 88).
Interessante il consiglio ai laici su come mettersi a servizio dell’evangelizzazione: «Apostolato dell’esempio, fatto con mentalità laicale, da persone che vivono del loro lavoro e che, di conseguenza, non sono mai di peso per la Chiesa, che invece servono generosamente, senza aspettarsi alcun genere di gratificazione e corrispettivo» (p. 110).
Prosegue sul tema: «la Chiesa ha bisogno di figli innamorati, realmente distaccati da sé stessi e concentrati su obiettivi soprannaturali, disposti a esprimere tutto ciò che sono persuasi di dover dire, dopo averlo considerato alla presenza di Dio» (p. 223).
La meditazione di questo libro può suscitare, soprattutto ai laici, stimoli per trovare spazi di apostolato con uno stile di servizio all’annuncio del vangelo di Cristo nella sua Chiesa.
Fabrizio Casazza