«Viviamo questo gesto come il desiderio del Signore di una Chiesa in uscita»
Don Gian Paolo, qual è il valore del Corpus Domini nell’ambito delle celebrazioni dell’anno?
«È una sottolineatura del Mistero che celebriamo in ogni Eucaristia, perché nell’Eucaristia si rende vivo e presente il Signore Gesù, con la sua Parola, il suo Corpo e il suo Sangue. Nel Giovedì Santo celebriamo l’istituzione dell’Eucaristia, il memoriale che Gesù affida ai suoi apostoli e anche a noi; e nella solennità dell’Epifania, dopo la lettura del Vangelo (e prima dell’omelia) viene solennemente proclamato l’Annuncio del giorno di Pasqua, in cui ascoltiamo che “in ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte”. Solo nel XIII secolo si giunse a una festa propria, in quell’epoca anche come una risposta alle dottrine contrarie al mistero della presenza reale di Cristo; oggi si celebra la domenica che segue la solennità della Santissima Trinità. Al termine della Messa si svolge la processione, che diventa un segno, anche di fede e religiosità popolare: Gesù che cammina in mezzo al suo popolo».
Un popolo che accompagna il Signore.
«A me piace pensare che sia il Signore ad accompagnare noi (sorride). È Lui che si mostra come Chiesa in uscita che va incontro al suo popolo».
Quanto è importante questo gesto nella vita cristiana di una persona? In fondo potremmo viverlo, come tanti momenti, in maniera un po’ esteriore. Ma qui che cosa c’è in ballo?
«In ballo c’è il senso di un popolo in cammino, come dice anche il canto, che però non cammina da solo: cammina con il suo Pastore e con i fratelli e le sorelle nella fede. Durante la processione è previsto anche che si facciano alcune soste, con momenti di preghiera e adorazione davanti a luoghi che esprimono un bisogno o una sofferenza: è la stessa attenzione che Gesù ha manifestato per una vicinanza ulteriore verso ciascuno di noi».
Le nostre processioni sono per lo più frequentate da persone con i capelli bianchi. È possibile “ravvivare” certe modalità di espressione della fede in modo che coinvolgano un po’ di più?
«Questi gesti sono una testimonianza della nostra fede (grande o piccola, non sta a noi giudicare). Una Chiesa in uscita e in cammino: una comunità che manifesta così, senza clamore, con umiltà e semplicità. Vincendo la tentazione di pensare “ma siamo sempre meno, siamo sempre più anziani…”. Leggiamo questo gesto come un desiderio del Signore di uscire dalle mura, peraltro sacre, di una Chiesa in cui, a volte, ci fa comodo tenerLo chiuso».
L’ultima domanda al direttore dell’Ufficio liturgico: è possibile aggiornare certe modalità tradizionali? Oppure è giusto “perseverare”, perché prima o poi la gente capirà?
«La gente capirà nella misura in cui, più che educarla, daremo testimonianza. San Paolo VI nel 1975 diceva che il mondo ha più bisogno di testimoni che di maestri. Certo, il rinnovamento è necessario: basterebbe pensare allo “sconvolgimento” del Concilio Vaticano II. Ma dobbiamo stare attenti a non cadere nel relativismo, come ci ammoniva Benedetto XVI. Possiamo certamente rivedere alcune cose, secondo me si può e si deve: anche il tentativo che si è fatto quest’anno, per esempio, di rivedere l’Ottavario della Salve ha dato i suoi frutti».
E questo basta?
«No. Dobbiamo anche considerare la cura con cui facciamo le cose. Se mi permetti il paragone, è come preparare un pranzo: usando gli stessi ingredienti, il risultato può essere migliore se ci metti passione, capacità e cura. E non solo nel cucinare, ma anche nell’apparecchiare».
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Storia di una solennità che affonda le radici nel giovedì santo: Le origini, i miracoli e la devozione dei Papi
Il Corpus Domini, la Solennità del Santissimo Corpo e Sangue del Signore, chiude il ciclo delle feste del periodo seguente alla Pasqua e celebra il mistero dell’Eucarestia istituita da Gesù nell’Ultima Cena.
LE ORIGINI
Le origini di questa solennità portano al XIII secolo, in Belgio, a Liegi. Qui il vescovo assecondò la richiesta di una religiosa che voleva celebrare il Sacramento del corpo e sangue di Cristo al di fuori della Settimana Santa. Più precisamente le radici della festa vanno ricercate nella Gallia belgica e nelle rivelazioni della beata Giuliana di Retìne. Quest’ultima, priora nel Monastero di Monte Cornelio presso Liegi, nel 1208 ebbe una visione mistica in cui una candida luna si presentava in ombra da un lato. Un’immagine che rappresentava la Chiesa del suo tempo, che ancora mancava di una solennità in onore del Santissimo Sacramento. Fu così che il direttore spirituale della beata, il canonico Giovanni di Lausanne, supportato dal giudizio positivo di numerosi teologi presentò al vescovo la richiesta di introdurre una festa diocesi in onore del Corpus Domini.
IL MIRACOLO DI BOLSENA
L’estensione della solennità a tutta la Chiesa però va fatta risalire a papa Urbano IV, con la bolla Transiturus dell’11 agosto 1264. È dell’anno precedente, il 1263, invece il miracolo eucaristico di Bolsena, nel Viterbese. Qui un sacerdote boemo, in pellegrinaggio verso Roma, mentre celebrava Messa, allo spezzare l’Ostia consacrata, fu attraversato dal dubbio della presenza reale di Cristo. In risposta alle sue perplessità, dall’Ostia uscirono allora alcune gocce di sangue che macchiarono il bianco corporale di lino (conservato nel Duomo di Orvieto) e alcune pietre dell’altare ancora oggi custodite nella basilica di Santa Cristina. Nell’estendere la solennità a tutta la Chiesa cattolica, Urbano IV scelse come collocazione il giovedì successivo alla prima domenica dopo Pentecoste, 60 giorni dopo Pasqua.
L’INNO
L’inno principale del Corpus Domini, cantato nella processione e nei Vespri, è il “Pange lingua” scritto e pensato da Tommaso d’Aquino. Fu proprio papa Urbano IV a incaricare il teologo domenicano Tommaso d’Aquino di comporre l’officio della solennità e della Messa del Corpus et Sanguis Domini.
CELEBRAZIONI CON PAPA FRANCESCO
La tradizione torna all’antico, dopo la serie di scelte e di motivi contingenti che l’avevano modificata a partire dal 2018. Quell’anno il Papa volle celebrare il Corpus Domini non più nella Basilica lateranense, com’era stato fino ad allora, ma nella periferia romana di Casal Bertone e l’anno successivo analogamente a Ostia, con le processioni presiedute dall’allora cardinale vicario Angelo De Donatis, nominato un mese fa nuovo penitenziere maggiore.
Poi dal 2020 erano state le restrizioni imposte dalla pandemia e successivamente gli impedimenti dovuti alla salute di Francesco a richiedere ulteriori cambiamenti, nel 2020 e 2021 con la Messa celebrata in San Pietro in regime di emergenza sanitaria, tra distanziamenti e ridottissimo numero di presenti, e nel 2022 e nel 2023 con l’annullamento della liturgia stessa, nel primo caso per il dolore al ginocchio accusato da Francesco e lo scorso anno per via del ricovero al Gemelli dopo l’intervento all’addome.
Quest’anno torna dunque la celebrazione nell’agenda papale, che il maestro delle Cerimonie pontificie, il vescovo Diego Ravelli, ha reso noto: domenica 2 giugno alle 17, dunque, papa Francesco presiederà la liturgia solenne nella Basilica di San Giovanni in Laterano. E a tornare dopo la conclusione della Messa sarà anche la processione verso la Basilica di Santa Maria Maggiore, da dove verrà impartita la benedizione eucaristica.
fonti: Avvenire, Vatican News, Famiglia Cristiana