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Franz Jägerstätter

Chi di noi darebbe la vita per Cristo?

L’editoriale di Andrea Antonuccio

Care lettrici, cari lettori,

apriamo questo numero con l’intervista al moderatore della nostra curia, don Giuseppe Bodrati, che è anche delegato vescovile per il diaconato permanente. Già a dicembre dell’anno scorso avevamo iniziato a parlare di questo ministero: ora proviamo a fare un punto della situazione, a sette mesi di distanza. L’intervista è ricca di spunti, non solo sul diaconato in sé ma anche sulla vita della Chiesa: vi consiglio di leggerla (e sul Paginone trovate le Linee guida).

A pagina 14 vi segnalo un articolo su una mostra (che si potrà visitare al Meeting di Rimini, dal 20 al 25 agosto) sulla vita di fede di due coniugi austriaci durante la Seconda guerra mondiale. Lui, Franz Jägerstätter, verrà ghigliottinato dai nazisti nel 1943; lei, Franziska, porterà avanti la famiglia educando alla fede i tre figli, e nel 2007, all’età di 100 anni, riceverà dal Signore la grazia di assistere alla beatificazione del marito.

Erano due contadini, senza studi teologici alle spalle, che hanno vissuto la pienezza della fede in un modo commovente. Proviamo a immedesimarci: un padre di famiglia, che per amore di Cristo (non per una ideologia) decide di non piegarsi al nazismo e, malgrado abbia moglie e figli, accetta il martirio; e una moglie, che non si oppone a una decisione apparentemente irragionevole, ma lascia che il suo sposo, sovrabbondante di grazia, vada incontro al suo Destino.

Una storia d’amore che ci sembra lontana dal nostro modo di ragionare: chi di noi, onestamente, oggi darebbe la vita per Gesù Cristo? Dovessimo mai trovarci in una situazione simile a quella di Franz Jägerstätter, che cosa faremmo? Confideremmo, come ha fatto lui, nella potenza di Dio, o “abbozzeremmo” per il nostro quieto vivere? Certo, non a tutti è chiesto di salire sul patibolo: ma dopo aver incontrato Cristo (di persona, non come “messaggio”) non si può più stare tranquilli. Il nostro “tran tran devozionale” non è in grado di renderci lieti: anzi, spesso è una contro-testimonianza (le pie pratiche e il moralismo non servono a nulla: è per questo che le chiese sono vuote).

In una comunità cristiana, Gesù può suscitare una fede che, come ci ha detto il curatore della mostra Andrea Caspani, «conduce a una pienezza di vita capace di affrontare i periodi più bui con la pace e la letizia nel cuore. Anche di fronte ai sacrifici più grandi». Pienezza, pace e letizia: se il nostro volto fosse impregnato di queste tre virtù, il mondo crederebbe.

direttore@lavocealessandrina.it

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