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Le Stimmate di San Francesco nell’ottavo centenario del segno prodigioso

Lunedì 16 e martedì 17 settembre celebrazioni e 

Indulgenza plenaria al Santuario del Sacro Cuore di Gesù

Padre Giorgio, ci spieghi di che cosa si tratta?

«Si tratta di un’occasione straordinaria perché ricorre l’ottocentenario dell’impressione delle stimmate di San Francesco. Per l’occasione abbiamo ricevuto dalla Penitenziaria Apostolica, in via straordinaria, la possibilità di lucrare l’indulgenza plenaria. E siccome l’indulgenza la si riceve a certe condizioni, tra le quali la confessione sacramentale, abbiamo pensato di proporre nella serata di lunedì 16 un momento di preghiera con la possibilità di confessarsi. Anche il giorno seguente, martedì 17, ci si potrà confessare, e alle 18 celebreremo l’Eucarestia solenne. Infine, alle 21, si terrà un momento di riflessione sulle stimmate di San Francesco, insieme con una preghiera comunitaria per assolvere i compiti dell’indulgenza».

Queste stimmate che significato hanno?

«Il significato più evidente è che conformano Francesco a Gesù. Francesco è veramente un Alter Christus anche nel corpo, perché porta nella sua carne il segno della passione, della crocifissione. Le stimmate hanno il senso di rendere evidente il cammino compiuto da Francesco verso Gesù e l’opera compiuta da Cristo nella vita di quest’uomo. Un’opera che lo ha associato al Mistero della redenzione, della riconciliazione dell’umanità, che è passato e passa attraverso la croce. Francesco è un uomo di pace, un uomo di riconciliazione, e le stimmate portano alla luce un Mistero che altrimenti resterebbe celato. È come la “firma” di Dio nella vita di Francesco che, dopo aver vissuto un momento di prova e di grande buio interiore negli ultimi anni della sua esistenza, si vede confermato nella sua intuizione: le stimmate sono una risposta di Dio, una luce che a un certo punto sfolgora dentro le sue tenebre e conferma il suo cammino. Quel Vangelo che Francesco aveva scelto di vivere all’inizio della sua esperienza lo ha portato a essere realmente unito a Cristo, unito a Lui anche nella carne».

Dunque le stimmate sono un segno che dovremmo desiderare anche noi.

«Ma di fatto le abbiamo, solo che non sono visibili. Anche noi portiamo questo segno, questo “sigillo” dentro la nostra vita che riceviamo nel Battesimo. Attraverso la vita cristiana emerge questo sigillo, e si rende evidente. Poi, certo, facciamo i conti con le nostre fatiche, con le fragilità, e non sempre ci riusciamo. Però credo che queste stimmate-sigillo emergano in ognuno di noi, nel momento in cui facciamo un cammino vero di fede, cercando di seguire con onestà e verità il Signore».

Come si fa ad accettare queste stimmate interiori, invisibili ma reali?

«È il Mistero della riconciliazione perché, come dicevo prima, le stimmate sono il segno dell’opera di Cristo. I segni dei chiodi nella Carne del Cristo sono i segni della Sua morte per crocifissione, e quella morte per crocifissione ci ha ottenuto la redenzione, ci ha riconciliati con Dio e tra di noi. Quindi accettare questi segni dentro la nostra vita è possibile nella misura in cui viviamo una profonda riconciliazione con noi stessi, con il Signore, con la vita. Ecco, vivere riconciliati! Non è un frutto della nostra buona volontà: io posso impegnarmi veramente tanto a riconciliare il mio cuore, ma poi sperimento sempre il mio limite umano. Invece quando diventiamo partecipi dell’opera di riconciliazione del Signore entriamo in un Mistero che non conosce limiti, che va oltre noi e le nostre forze. In qualche modo segna anche la nostra carne, il nostro spirito, la nostra vita, perché non siamo più padroni di noi stessi, ma totalmente consegnati a Colui che ci porta all’interno di questo Mistero. E allora accetti anche quello che, umanamente, diventa difficile».

Parliamo dell’Indulgenza plenaria. Non c’è un po’ il rischio di pensare: “Vado e timbro il cartellino, tanto non costa niente”?.

«È quello che cercherò di spiegare martedì sera nella mia meditazione, partendo da una pagina evangelica, perché Francesco lo comprendiamo soltanto se guardiamo Gesù. Nel Vangelo ci viene offerta una pagina straordinaria, il vertice della rivelazione della Misericordia, che è la parabola del figliol prodigo. Non volendo farlo con un discorso logico, razionale, Gesù usa un linguaggio evocativo, ovvero l’abbraccio del padre; anzi, l’abbraccio e il bacio del padre nei confronti di quel figlio che torna a casa. A me piace vedere in quelle braccia il Cristo, e nel bacio l’amore dello Spirito Santo. Ecco, noi possiamo accogliere il bacio dello Spirito Santo che ci riveste e manifesta tutto l’amore che Dio ha per noi. L’Indulgenza non deve essere un cartellino, ma il desiderare di entrare in questo abbraccio, ricevere il bacio dello Spirito Santo, essere rivestiti di una veste nuova. È il modo bello di vivere l’Indulgenza che, come ci insegna la Chiesa, può essere applicata per noi stessi o per l’anima di un defunto».

Per noi stessi, o per un nostro defunto?

«A me sta tanto a cuore proporre la preghiera di suffragio per i defunti. Come ci ricorda la Chiesa, le anime dei defunti nel Purgatorio non possono pregare per sé stesse, ma possono ricevere la preghiera, i suffragi della Chiesa di noi viventi mentre loro pregano per noi; l’aiuto che ricevono da parte nostra consiste nella preghiera, nel cammino di fede offerto per loro, nella celebrazione dell’Eucarestia offerta in suffragio, nelle indulgenze e nelle preghiere».

Come facciamo a sapere se un nostro defunto ha bisogno di questa Indulgenza?

«Lo facciamo nella fede. Preghiamo per un nostro defunto, certo, ma anche per tutti. Questa è una delle opere di misericordia spirituali, non dimentichiamolo: pregare per i vivi e per i morti».

A inizio agosto il vostro Santuario ha ospitato la Festa della Porziuncola, e adesso le stimmate di Francesco. Un “pieno” di Indulgenze plenarie… non starete esagerando?

«Rincaro la dose (ride) e aggiungo che per venerdì 4 ottobre, giorno della festa di San Francesco, la Penitenzieria apostolica ha concesso la stessa possibilità. Penso sempre alle parole che Francesco rivolse al Papa implorando l’Indulgenza plenaria. Il Santo Padre gli chiese: “Ma per quanti giorni la vuoi questa Indulgenza della Porziuncola?”. E il santo gli rispose: “Santità, io non chiedo giorni, chiedo anime”. Francesco, tornando da Roma, ai suoi frati e alla gente disse: “Voglio mandarvi tutti in Paradiso”. Ecco, credo che questa esagerazione nasca da un desiderio di Cielo, di vita, di Dio. Ne abbiamo tanto, tanto bisogno».

Hai qualche altro momento da segnalarci?

«Con il primo venerdì di ottobre inizieremo anche il cammino dei primi nove venerdì del mese, dove la Misericordia di Dio è sempre offerta dal Signore come un’esperienza di grazia, di salvezza e di vita nuova. Tutto ci riporta a questo desiderio di Dio di farci vivere bene, di farci vivere una vita piena».

Anche voi frati del Santuario, come Francesco, volete portare tutti in Paradiso?

«Speriamo (sorride). L’obiettivo è quello di proporre un’esperienza, un incontro con la Misericordia. Qui, in un Santuario dedicato al Sacro Cuore di Gesù, dovremmo avere nel cuore e davanti a noi questo segno dell’amore di Dio, della sua Misericordia».

Andrea Antonuccio

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