Il concorso per gli 850 anni della Diocesi
Maria vestita di “onde”, con un giglio in mano, i capelli neri sciolti, colori acrilici su una tela alta tre metri: è “Hope” il quadro di Mauro Mazzara che è possibile ammirare dal vivo fino a fine anno nella Chiesa di Santa Maria di Castello ad Alessandria, accanto a quello di Lucio Bolognesi (Basik), “Madonna Addolorata e San Giovanni”. Mazzara è risultato vincitore di “Speranza nostra, Salve!”, un concorso per illustratori indetto da Inchiostro Festival e la nostra Diocesi in occasione dei festeggiamenti per gli 850 anni dalla sua fondazione: 65 i partecipanti, 10 le bozze selezionate, “Hope” è stata scelta per il primo posto. Abbiamo chiesto all’artista di raccontarci la sua opera.
Cosa troviamo rappresentato nel suo quadro?
«Ho ritratto la speranza, dandole il volto della Madonna. Nella mia opera, la madre di Gesù è raffigurata con il volto di una giovane donna, molto vera, molto viva, ma al contempo chiusa in sé stessa, nei suoi pensieri, in quella che è la sua storia, segnata da due parole: sofferenza e speranza. Una sorta di archetipo delle donne in generale, che spesso soffrono per causa di noi uomini ma che non smettono mai di sperare in un futuro migliore. Maria nel mio quadro è su uno sfondo blu indaco, in un “oscuro cosmico” costellato di stelle, realizzate con piccoli spruzzi bianchi. Dietro di lei c’è un tondo bianco, che può essere ricondotto a un’aureola come anche a una luna: una suggestione per richiamare il concetto della luce, che sta a simboleggiare sia la sacralità che la speranza».
L’abito di Maria è molto suggestivo.
«Se lo spettatore riesce a osservare il quadro con attenzione da vicino, noterà che tutto il panneggio del suo abito è un movimento di acqua. Ho scelto di rappresentarla così perché l’acqua per me è la cosa più vicina allo spirituale che abbiamo qui sulla Terra (sorride), spiritualità che per me si percepisce quando siamo di fronte al ritmo delle onde del mare».
Che altro ha raffigurato nella sua tela?
«C’è anche la mano che sorregge Maria, che può essere divina, o molto umana, quella di San Giovanni, con lei sotto la croce in quel momento. Questa mano che ci sorregge vuole dare anche qui, a noi che guardiamo, un po’ di conforto quando ci sentiamo soli. Ma in realtà, soli non lo siamo mai…si spera (sorride). La madre di Gesù tiene in grembo un giglio, che è il simbolo della purezza. La mia rappresentazione della Madonna la raffigura come una immagine iconica, ma al contempo è una donna, una madre vicina, che possiamo vedere in tutta la sua umanità».
E per lei chi è Maria?
«Una donna, una madre universale che ci dà speranza, verso la quale tendo, per avere la forza di vivere quaggiù e intravedere la luce. Sono molto affezionato a questo quadro: mi piacerebbe che rimanesse esposto in una chiesa o in un museo, dove può essere utile alla gente. Spero non finisca “da sola” da qualche parte, ma che possa dare speranza e gioia a chi la osserva».
La Voce Alessandrina Settimanale della Diocesi di Alessandria
