Emanuela Gitto, vicepresidente nazionale di Ac giovani
Emanuela Gitto, 25 anni, è vicepresidente nazionale Azione Cattolica per il settore Giovani, una responsabilità che condivide da un anno con l’imolese Lorenzo Zardi. Dopo la triennale a Bologna (campus di Forlì) in Scienze internazionali e diplomatiche, ottiene la Laurea magistrale in mediazione intermediterranea a Venezia. Emanuela è originaria di Milazzo (ME) ma da due anni vive a Roma e lavora al Cimea (Centro di informazione sulla mobilità e le equivalenze accademiche), occupandosi di progetti europei per la promozione della mobilità accademica in tutti i suoi aspetti. Le chiediamo di raccontarci l’attualità del pensiero e dell’opera della Beata Armida Barelli.
Emanuela, innanzitutto ci puoi spiegare che cos’è il settore Giovani di Azione Cattolica?
«È il settore che, all’interno dell’Associazione, cura la formazione e accompagna quella fascia di persone che va dai 15 ai 30 anni: giovanissimi dai 15 ai 18, giovani dai 19 ai 30. Come giovani non siamo solo al servizio di altri giovani, ma di tutta l’Associazione, visto che insieme ai ragazzi e agli adulti camminiamo insieme e pensiamo al percorso di tutta l’Associazione, in maniera unitaria e intergenerazionale. Così avviene anche nelle diocesi».
Parliamo di Armida Barelli. La sua figura che cosa riesce ancora a trasmettere ai giovani di oggi?
«Noi la sentiamo molto attuale e molto vicina. Intanto, per il suo carattere concreto e operativo: era una donna molto impegnata, che viaggiava tanto per promuovere diverse iniziative con al centro il tema della partecipazione della donna alla vita della Chiesa. “La sua missione è l’Italia” le disse Benedetto XV. E lei, con coraggio, si mise in viaggio percorrendo la penisola in lungo e in largo per fondare la Gioventù femminile nelle diocesi italiane, meritandosi l’appellativo di “zingara di Dio”. Il suo fu un tempo di grandi sfide, e il nostro anche. Come giovani e come Azione Cattolica tutta siamo coinvolti nel rilanciare una figura come quella di Armida Barelli. Qualcuno ha parlato di oblio storico, di un periodo di buio per la sua memoria. Ma io devo dire che personalmente sono cresciuta con il suo esempio e la sua testimonianza viva, e come me tante altre e altri soci. E con la Beatificazione è “scattato” il desiderio di farla conoscere ancora di più nelle diocesi e nelle parrocchie».
Emanuela, anche tu viaggi molto. Qual è la realtà dei giovani di AC che incontri in tutta Italia?
«Da un lato vedo il desiderio di ricominciare, di riprendere a incontrarsi. Dall’altro c’è anche un po’ di fatica, legata alla necessità di inventarsi modalità nuove di contatto e partecipazione. La realtà dei giovani che incontro ha comunque voglia di fare… Adesso stiamo lavorando su un percorso che partendo dalle diocesi ci porterà a un incontro nazionale che si terrà a ottobre a Roma. Lo stiamo pensando per favorire una partecipazione dei giovani di AC nella loro città. Non è più tempo di “convocare” ma di esserci, lì dove viviamo, per rilanciare l’entusiasmo dei responsabili parrocchiali e fare una vera esperienza sinodale».
A proposito di Sinodo: a tuo avviso quanto sta coinvolgendo i giovani? E con quali frutti?
«Dal nostro osservatorio nazionale stiamo vedendo un grande coinvolgimento dei giovani a livello locale. Molti sono stati coinvolti proprio come referenti diocesani del Sinodo e ne stanno seguendo i lavori: è un bel riconoscimento, che ci stimola ad accompagnare ancora di più questo processo affinché coinvolga davvero tutti. Da questo desiderio nascono le nostre iniziative: perché si arrivi a tutti i giovani, in ogni ambiente».
Torniamo ad Armida Barelli. Le responsabili nazionali del settore Giovani si tramandano di triennio in triennio la croce e la spilla che furono della Beata. In questo triennio, quindi, questi gioielli sono affidati proprio a te. Ci puoi raccontare il “valore” di questo segno?
«Guarda, è una tradizione molto bella ma è anche una metafora della responsabilità, che non appartiene a nessuno ed è di tutti. È sempre condivisa, il peso lo si porta insieme: è una responsabilità che si tramanda. Ed è preziosa, come un gioiello».
Andrea Antonuccio