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Migranti di casa nostra

Fra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento

Tra gli anni Settanta e Ottanta del XIX secolo si apre una fase di grave depressione dei prezzi agricoli che provoca situazioni di vera e propria povertà, costringendo molti braccianti e contadini – all’inizio in prevalenza settentrionali – a emigrare all’estero. Un’analisi statistica del flusso migratorio evidenzia che tra il 1876 e il 1927 (il regime fascista scoraggerà l’emigrazione) quasi due milioni di piemontesi lasciano la loro terra. Tra costoro oltre duecentomila donne e uomini originari dell’alessandrino che partono soprattutto verso “La Merica”. I nomi dei piroscafi che imbarcano i nostri migranti sono particolarmente prestigiosi e altisonanti (Bourgogne, Savoje, Enrico IV, ecc.). Al contrario, le condizioni igienico-sanitarie a cui sono sottoposti i viaggiatori sono altamente precarie, come sottolineano anche i giornali americani dell’epoca. Tali vicissitudini vengono in parte compensate dalla grande umanità dei compagni di viaggio, tratteggiati con maestria da Edmondo De Amicis nel romanzo “Sull’Oceano”. Tra questi, Giuseppe Guazzone, futuro conte di Passalacqua, che diventerà uno dei maggiori commercianti all’ingrosso di grani dell’America Latina, tanto da meritarsi l’appellativo di “el rey del trigo”, ossia “il re del grano”. La migrazione spesso è soltanto temporanea. Si trattava delle cosiddette “golondrinas” (rondini): contadini viticoltori non proprietari di terreni che attraversavano annualmente l’Oceano Atlantico. In autunno si imbarcavano alla volta dell’Argentina per la raccolta dei cereali e verso fine maggio rientravano in Italia, pronti alla nuova stagione agricola italiana per poi ritornare, a novembre, nelle province di Cordoba e Santa Fe. Talvolta il mercato delle braccia verso il Sud America costringeva i contadini a partire lasciando la moglie in attesa di un figlio. Nella piana della Fraschetta si assiste, quindi, a un particolare fenomeno sociale: il baliatico. Le donne prendevano a balia bambini (i “baliot”) loro affidati dai brefotrofi oppure dalle famiglie della città ricavandone un modesto guadagno. Alcuni non lasciavano più la madre adottiva, andando così a ingrandire la già numerosa famiglia.

Mauro Remotti

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