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Chiedilo a noi – L’8xmille: costruire ponti, non muri

Oltre a essere parroco di Santa Maria di Castello ad Alessandria, don Valerio Bersano è direttore del Centro missionario diocesano e del Servizio per le migrazioni.

Don Valerio, di che cosa si occupa il tuo ufficio pastorale?
«Ho iniziato a lavorare per la prima volta al Centro missionario diocesano, la cui denominazione precisa è “Servizio per la cooperazione tra le Chiese”, nel maggio del 1998, succedendo a don Franco Gervino. Ci sono stati poi alcuni avvicendamenti, e vi sono tornato da circa tre anni, seguendo parallelamente anche il servizio “Migrantes”, che rappresenta l’impegno della comunità cristiana per tutti coloro che lasciano i loro Paesi per gravi necessità, ma anche chi vive e lavora spostandosi frequentemente, come i circensi, i giostrai o i nomadi… tutte realtà a cui non può certo mancare la Buona Novella del Signore morto e Risorto! In questi vent’anni ho sempre collaborato alla commissione missionaria regionale e per circa un decennio, facendo la spola settimanalmente tra Alessandria e Roma, sono stato impegnato a collaborare con l’Ufficio Missionario Nazionale missionario della Cei: prima per le convenzioni per i fidei donum e poi a Missio, ramo nazionale di Propaganda Fide. Per questo il settore dell’Annuncio e dell’Accoglienza penso di conoscerlo abbastanza a fondo e mi sta davvero a cuore che se ne parli e ci sia un impegno di tutta la Chiesa diocesana! Sono due ambiti nella pastorale che definirei “ordinari”, perché sono irrinunciabili, ma nello stesso tempo di “frontiera”. Infatti rappresentano la vivacità delle comunità nell’annunciare la gioia del Vangelo, ma anche la capacità di aprirsi, di uscire come Chiesa per mettersi in atteggiamento accogliente nei confronti di chi giunge nella nostra diocesi per breve o lungo tempo».

Quante persone collaborano con te?
«Una manciata di amici sono i referenti per la pastorale missionaria nel territorio. Il nostro è anche l’unico ufficio aperto ogni mattina, proprio per la disponibilità costante e preziosa di una volontaria, ma in realtà sono coinvolte molte più persone che partecipano al sostegno a distanza e seguono i progetti realizzati da missionari e missionarie, che conosciamo e dai quali siamo aggiornati frequentemente. In questo periodo storico non abbiamo quasi più nostri sacerdoti, laici o religiosi presenti in missione, ma non per questo può affievolirsi il desiderio di essere presenti presso le Chiese sorelle! Nel servizio per gli immigrati la nostra diocesi ha affidato uno spazio abitativo a un piccolo gruppo di ragazzi provenienti da alcuni Stati africani. È una piccola realtà, un piccolo segno di apertura di fronte alla richiesta di papa Francesco perché ogni comunità fosse disponibile a soccorrere, sostenere e integrare quanti scappano dal loro Paese per molteplici motivi. E’ una carità “scomoda” perché deve vincere una subdola visione razzista e un sospetto nei confronti di chi non giunge qui come turista, ma fugge dalla propria terra, da situazioni insopportabili di povertà, di guerra, di persecuzione. Sarebbe necessario che un numero maggiore di cristiani, anche attraverso l’informazione svolta efficacemente dalle riviste missionarie, conoscesse la realtà del mondo lontano, prima di giudicare e respingere!».

Quali attività si svolgono durante l’anno?
«I d u e servizi pastorali che seguo ovviamente lavorano per tutto l’anno pastorale, ma hanno due momenti “forti”, caratterizzati dalle Giornate nazionali con la partecipazione, anche nel segno della solidarietà, di molte comunità parrocchiali: il mese di ottobre, con la giornata missionaria mondiale; e gennaio, per la sensibilizzazione al problema delle migrazioni. Dal prossimo 2019, su iniziativa di papa Francesco, la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato si svolgerà invece in settembre».

Attività in programma, da qui in avanti? Appello ai fedeli?
«Più che attività circoscritte, occorre ravvivare la natura stessa della Chiesa: perché la Chiesa esiste per annunciare il Vangelo. Siamo Chiesa “in uscita” e comunità accogliente quando sappiamo tendere la mano a chiunque domanda aiuto e spazio per vivere una vita più umana . Non è un di più, ma il modo di declinare la Carità nelle diverse situazioni in cui ci troviamo… non dimentichiamo che all’aiuto materiale dobbiamo affiancare la nostra fede, testimoniandola con meno parole e più gesti».

Appello agli altri uffici pastorali?
«Da tanto tempo parliamo di pastorale integrata… forse dovremmo viverla un po’ di più».

Come giudichi la vicenda dell’Aquarius?
«Non credo sia il caso di polemizzare con alcuno, ma atteniamoci sempre al richiamo evangelico di papa Francesco a considerare gli ultimi del mondo come nostri fratelli».

Andrea Anotnuccio

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