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Una Chiesa giovane è una Chiesa viva – Don Luca Ramello: Spero che la Chiesa abbia il coraggio di ripensarsi

Don Luca Ramello è l’incaricato regionale per di Pastorale giovanile del Piemonte e direttore dell’Ufficio di Pg di Torino. Ha curato l’evento torinese per tutte le diocesi piemontesi, in preparazione all’incontro di Roma. Con lui abbiamo ripercorso questa ricca estate, che ha visto protagonista anche la nostra diocesi, e abbiamo fatto il punto sull’imminente appuntamento sul Sinodo dei vescovi.

Don Luca, facciamo il punto su un’estate così piena…
«Intanto è stata un’esperienza molto articolata, in tre luoghi distinti. La prima fase con i cammini diocesani, poi la fase torinese con la Reggia di Venaria Reale e la venerazione della Sindone, e infine l’arrivo a Roma dal Santo Padre. È stato un cammino a crescere: dalla Chiesa regionale sino alla Chiesa universale con il Papa. Un crescendo di emozioni e di stupore per la varietà di esperienze fatte. Innanzitutto l’esperienza del cammino, un cammino spirituale, che mette insieme corpo e anima. Altra esperienza riguarda i luoghi artistici della nostra terra: abbiamo voluto far riscoprire ai ragazzi le bellezze del nostro territorio a piedi. E infine l’esperienza spirituale con la grande tappa della venerazione della Sindone».

Perché questa particolare ostensione della Sindone per i giovani?
«Perché il tema che il Papa ha dato al Sinodo è il “discepolo amato”, San Giovanni. L’unico a vivere fino in fondo Gesù. Per questo la Sindone è simbolo eloquente, non solo del cammino di Cristo, ma anche del cammino di ogni ragazzo. E per sottolineare ancora di più questo simbolo, abbiamo voluto dare una piccola sindone in ogni kit donato ai ragazzi».

Di queste esperienze quale le ha lasciato più il segno?
«Sicuramente le lacrime e la commozione di venerdì 10 agosto, dopo la venerazione della Sindone. Un’esperienza cosi intensa non l’avevo mai vista, forse perché i ragazzi arrivavano da un cammino molto dedicato e intenso. Ho visto tanti volti commossi, che cercavano luoghi all’interno del Duomo di Torino per pregare. Nel mio cuore questo ricordo rimarrà indelebile».

Lei, come sacerdote e come incaricato della cura dei giovani, cosa si aspetta da questo Sinodo dei vescovi?
«Mi aspetto due cose. Che la Chiesa abbia il coraggio di ripensarsi senza troppa ansia, con lo sguardo giovane, rivolto ai giovani. Non immaginando di vivere in un mondo diverso, ma affrontando la realtà di questo mondo. Ascoltare i giovani e affidarsi al loro tempo presente. Che i giovani, come ha detto Francesco, non stiano sul divano o attendano alla finestra, ma si buttino. Che non vivano di ansie, ma che siano loro a correre avanti. Mi aspetto queste due cose, perché vedo da una parte la chiusura della Chiesa, e dall’altra l’insicurezza dei giovani».

Alessandro Venticinque

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