Dopo “Il buio e le lucciole” del 2010, Rosa Mazzarello Fenu propone il suo nuovo libro, “Il profumo dei mandarini”. Nata a Francavilla Bisio, l’autrice è stata insegnante di storia e religione nei licei di Alessandria, e volto del Centro italiano femminile (Cif), di cui adesso è presidente provinciale. Per molti anni è stata vicesindaco del suo paese natio, e recentemente è stata insignita del titolo di commendatore della Repubblica Italiana. Abbiamo così colto l’occasione per fare con lei una chiacchierata sul nuovo libro, sul Cif, e non solo…
Da dove nasce “Il profumo dei mandarini”?
«Nasce dalla mia passione per il ricordo. Vivo con lo sguardo rivolto all’indietro, e questo mi permette di attingere forza grazie al mio passato. Perché profumo dei mandarini? È il profumo che sprigionavano le bucce appoggiate, da me e da mio fratello, sulla stufa di ghisa, che riempivano di toni agrumati la stanza. La cucina era l’ambiente in cui si viveva, io lì ci studiavo e assistevo
anche alla preparazione dei piatti. Forse anche per questo amo cucinare. Da lì partono molte storie: dalle ricette alla tradizione, fi no ai dialoghi tra mia nonna e mia mamma».
Quanto è importante per lei la famiglia?
«La famiglia è il mio nido, nel senso completo dell’espressione. Parte tutto da lì. Ho avuto la fortuna di vivere la vita con gioia, perché mi sono sempre sentita amata. Pur avendo un fratello più grande di sei anni e vivendo a Francavilla Bisio, ho potuto proseguire gli studi frequentando le scuole superiori ad Alessandria. Che per l’epoca era un privilegio».
Secondo lei oggi non si passa abbastanza tempo in cucina?
«Direi di sì. Nella presentazione dico che la cucina è diventata una dispensa, la utilizziamo ormai solo per prendere il cibo. Non possiamo soffermarci, andiamo sempre di fretta. All’epoca mi ricordo che la cucina era proprio l’unico ambiente riscaldato della casa, diventando così un vero e proprio luogo d’incontro. Ricordo che le vicine di casa, se sole o vedove, venivano a passare il dopocena nella nostra cucina».
Nel suo libro c’è anche uno stretto legame con il suo territorio.
«Parlo del raviolo, un piatto tipico della tradizione francavillese. Un piatto che ha dato visibilità e promosso il paese grazie alle sagre e al lavoro della Pro loco».
Come ci si sente a essere commendatore della Repubblica Italiana?
«(Sorride) Non avevo avuto nessun sentore, ma in una telefonata del 7 maggio Renato Balduzzi mi ha confermato questa onorificenza. Non è cambiato nulla, se non un certo orgoglio. Non è un’onorificenza che danno a tutti, e questo mi ha emozionato moltissimo. Anche se nel 2007 avevo già ricevuto l’onorificenza di cavaliere ufficiale».
Ha vissuto anche molti anni tra i banchi di scuola…
«Sono stata insegnante di religione al liceo Saluzzo-Plana e al Volta. Un’esperienza importante, perché l’insegnamento della religione cattolica è un mezzo per poter testimoniare qualcosa di profondo legato alla cristianità. Mi sono sempre fatta strumento, mettendo tutta me stessa. E per quello che mancava, per i miei limiti e le mie difficoltà, mi sono sempre affidata a un Altro. Ancora oggi ho dei rapporti molto belli con i miei ex alunni».
Cosa ha significato nella sua vita il Cif?
«Sono nel Cif dal 1977. Ho ricoperto molte cariche e sono stata eletta nel Consiglio nazionale per quattro anni. E adesso sono presidente provinciale per il secondo mandato. È un’associazione che a me ha dato moltissimo: se ho abbracciato l’impegno amministrativo lo devo anche all’esperienza che ho avuto con il Cif. Ci occupiamo delle tematiche che riguardano la donna, nel lavoro, nel contesto sociale, ma soprattutto nella famiglia. Questo mi ha fatto crescere nell’impegno sociale e anche nel volontariato».
Come vivrà il Cif la Festa della donna?
«Il Cif vuole valorizzare il ruolo della donna nella famiglia. Ma il nostro intento è parlarne tutto l’anno, non solo in questa giornata. Noi partecipiamo a tutte le iniziative della Consulta pari opportunità, e vogliamo sempre aprire il “Marzo Donna” con la Santa Messa. Anche se diventa difficile presentare i valori cristiani oggi, non ci facciamo intimidire. Sabato in Cattedrale il nostro vescovo ha fatto un’omelia profonda e attuale».
Un augurio per questo 8 marzo?
«L’augurio di una donna che deve essere sempre se stessa. A 18 anni non volevo “scimmiottare” gli uomini mettendomi l’eskimo, cosi lo dico ancora oggi: a ogni età essere se stessi, anche se oggi è difficile tenere alti certi valori».
Alessandro Venticinque