Le parole di monsignor Guido Gallese, vescovo di Alessandria, al termine della Via Crucis di venerdì 12 aprile 2019.
«Carissimi, questa lista delle persone morte per la fede, che è nuova ogni anno e lunga ogni anno, devo dire che mi impressiona molto. Volesse il cielo che l’anno prossimo non avessimo una lista da leggere. È un richiamo a fare sul serio, a chiederci: di fronte a dei fratelli che danno la vita per il Signore, quanto è il nostro impegno? Quanto è? Diverse volte abbiamo detto in questa stazione preghiamo, volevo soffermarmi un attimo su questa piccola frase che ha una profondità abissale. Perché preghiamo? Possono esserci due errori nelle preghiera. Sono due errori uno che non considera la potenza e la presenza del Signore Gesù quando noi siamo riuniti nel suo amore, l’altro fa vivere la vita di relazione con Dio preghiera come una scusa. Io credo che sia importante che prendiamo coscienza della potenza della preghiera, perché la preghiera è cosi forte da essere quasi solida, tangibile. Ricordo il mio rettore del seminario che diceva: “Io nella provvidenza non ci credo e non ci posso credere perché l’ho vista”. Non è oggetto di fede è una constatazione.
Così è la preghiera con la sua forza, dobbiamo ricordarci di quanto sia importante imparare a pregare bene. Perché pregare bene vuol dire relazionarmi nella verità a Dio. È un modo di essere la preghiera, che poi si traduce in preghiere. Ma che sa che ho davanti qualcuno che veramente mi ascolta e veramente può agire. La seconda riflessione che volevo fare è sulla Santa Settimana. Come vi ho detto introducendo la Via Crucis, non è semplicemente un “ricordino” di Gesù e di quanto ha sofferto per noi. Ma il punto è contemplare l’azione d’amore di Gesù che ha cambiato volto alla storia. E ricordare che noi, unendoci a questa azione d’amore di Cristo, possiamo cambiare il volto alla storia della nostra società di oggi. Amando, imparando ad amare, ad amare come Gesù. E uno dice: “Come Gesù adesso non esageriamo, stiamo un po’ più bassi. Come Gesù solo i santi”. Ma Gesù ci ha detto: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. Carissimi fratelli e sorelle, fatevi questo regalo di credere che questo comandamento sia possibile.
Non vi chiedo di realizzarlo subito o in dieci anni. Ma vi chiedo almeno di credere che sia possibile. Se no troviamo delle scuse, perché se al cristianesimo togli questo comandamento non so cosa ci rimane. Io vi chiedo di farvi questo regalo, di credere che almeno questo sia possibile, se no Gesù non ce lo avrebbe chiesto. Poi se vogliamo metterlo in pratica ricordiamoci che personalmente, singolarmente, individualmente è impossibile. Ma è possibile solo insieme con la forza della comunità e con lo Spirito Santo. Con la comunità nella quale ci nutriamo, perseveriamo nell’insegnamento degli apostoli, nello spezzare il pane, l’Eucarestia, e nelle preghiere. Ma tutto questo non ha nemmeno inizio se non ci crediamo. Se non crediamo che siamo chiamati ad amare come Gesù ha amato noi. Un grazie ai carcerati che hanno voluto porre un segno della loro presenza, anche fisica, alla Via Crucis. Sono stato nel loro laboratorio di arte dove sono stati prodotti questi quadri. E con loro per una serie di circostanze sono arrivato con un debito per quanto riguarda la cultura carceraria pastorale, alla quale tengo molto ma non sono riuscito a realizzarla come desidererei. Per questo vi chiedo di dire un’Ave Maria insieme, perché il Signore ci illumini di trovare il modo di scoprire quella modalità che lui ritiene così efficace per questi nostri fratelli, per renderci presenti a loro con la nostra vicinanza e portare la vicinanza di Cristo. Vorrei ringraziare anche Piero Sacchi che ha guidato questa opera artistica, il “Teatro Insieme” per le letture, il coro diocesano e le varie associazioni per aver partecipato a questo evento. Chiediamo al Signore di vivere questa Santa Settimana con profondità, scoprendo la vicinanza di Dio che ci insegna a trasformare il volto del nostro mondo. Preghiamo».