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La metropolitana di Londra

«Gli inglesi non percepiscono la gravità del virus»

Come vivono il virus all’estero?

Parla l’alessandrina Alice Giraudi, a Bournemouth per gli studi universitari

«In Inghilterra non c’è la minima consapevolezza di come la situazione possa degenerare, anche nel giro di pochi giorni». Chi parla è Alice Giraudi, (in foto qui sotto) 21enne alessandrina, che da due anni studia chiropratica all’università di Bournemouth. Il premier Boris Johnson, in controtendenza con il resto d’Europa, nelle scorse settimane non ha ordinato una chiusura totale. Salvo poi ripensarci qualche giorno fa, avviando così una serie di misure restrittive “all’italiana”. Ci facciamo raccontare da Alice come sta vivendo l’emergenza coronavirus nel Paese britannico: tra chi minimizza e fa ironia, e le difficoltà per trovare un volo che la riporti a casa.

Alice, che cosa ci fai in Inghilterra?
«Sono a Bournemouth dall’anno scorso e sto frequentando il secondo anno all’università di chiropratica. Ho scelto di venire qui perché in Italia non ci sono facoltà che mi permettono di studiare questa professione. Se tutto va bene dovrei avere ancora due anni (sorride, ndr)».

Come hai vissuto a “distanza” l’evolversi dell’emergenza coronavirus in Italia?
«Se devo essere sincera all’inizio, un po’ come tutti, ho sottovalutato questo virus. Quando in Italia c’erano i primi casi, pensavo fosse una semplice influenza. tenendomi in contatto con parenti e amici sentivo pareri contrastanti e non sono riuscita a farmi realmente un’idea. Anche perché fino a quel momento in Inghilterra non si erano ancora registrati casi. Ma quando ho visto il numero dei decessi e delle persone contagiate che saliva mi sono preoccupata».

Stai avendo anche problemi per tornare ad Alessandria…
«Sì, decisamente. Non sapevo bene cosa fare per tornare a casa. Mentre in Italia era tutto bloccato, qui la vita sta ancora andando avanti normalmente. Fino a mercoledì scorso (17 marzo, ndr) le università erano aperte e garantivano le lezioni. Rischiare di tornare a casa e rimanere bloccata anche a maggio, avrebbe voluto dire non dare gli esami e perdere un anno. Quando poi l’università ha sospeso le lezioni, ho deciso di attivarmi per tornare a casa. E questo non è stato affatto facile…».

Perché?
«Cercando su “Alitalia”, l’unica compagnia che permetteva di volare dall’Inghilterra all’Italia, era tutto esaurito. In più i prezzi dei biglietti arrivavano fino a 700 euro, quando in una situazione del genere i voli dovrebbero essere gratis. Ho cercato soluzioni alternative, per arrivare quantomeno in Francia o in Svizzera, e poi affittare una macchina; oppure fare Londra-Parigi-Torino in treno. Fortunatamente, continuando a cercare sul sito dell’Alitalia ho trovato un biglietto, a un prezzo ragionevole, e l’ho comprato. Adesso sto definendo le ultime cose per rientrare a casa».

Appena scoppiata l’emergenza in Italia, sei stata vittima di discriminazioni?
«Non saprei se definirle vere e proprie discriminazioni. Ma posso raccontare alcune scene che rendono l’idea. Dopo che l’Italia è diventata tutta “zona rossa”, ho sentito battute poco carine. Finita una lezione ero con una mia compagna italiana, si avvicina una ragazza che con voce ironica ci dice: “Le vostre famiglie si stanno nascondendo? Hanno abbastanza pasta per sopravvivere? Possono ancora uscire per fare la spesa?”. Un’altra compagna di corso finlandese ha detto davanti a noi: “A me che l’Italia e la Cina siano contagiate non interessa, spero solo che non arrivi in Inghilterra”. Sicuramente queste frasi non ci hanno tranquillizzate per nulla».b

Come stanno vivendo il Covid-19 gli inglesi? Percepiscono la gravità del virus?
«La gravità non è percepita. Purtroppo molti la vedono come una sorta di vacanza, perché non si va a scuola o a lavoro. Addirittura, qualche giorno fa dei ragazzi del mio corso hanno organizzato una festa chiamata: “L’anti-corona party”. A una nostra insegnante che è stato chiesto un pensiero su questo virus ha riposto: “Se muoiono più persone, ce n’è meno a cui badare”. In Inghilterra non c’è la minima consapevolezza di come la situazione possa degenerare, anche nel giro di pochi giorni. Da una parte capisco che le istituzioni non vogliano seminare il panico. Ma dall’altra parte dovrebbero perché quello che sta accadendo in Italia potrebbe accadere anche qui. E non pensarlo è solo da egoisti…».

Alessandro Venticinque

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