Don Gian Paolo: «Nella Veglia Pasquale la chiesa era vuota, ma non l’ho mai sentita così piena»
Celebrazioni a porte chiuse, ma con centinaia di finestre aperte su Internet per permettere ai fedeli di pregare insieme al proprio prete di riferimento, nella chiesa in cui erano soliti andare ogni domenica. Tanti parroci si sono attrezzati per fare in modo che le celebrazioni durante il lockdown fossero partecipate e seguite da casa: oggi andiamo a scoprire che creatività ha messo in campo la parrocchia di Sant’Alessandro. Ci raccontano tutto don Gian Paolo Orsini, il parroco, e Tommaso Brondolin, catechista e animatore del gruppo post cresima.
Don Gian Paolo, come vi siete organizzati per stare vicino ai fedeli durante il lockdown?
«Ho celebrato completamente da solo una volta, al massimo due. Poi ci siamo subito attrezzati, a fine febbraio, per trasmettere la messa in streaming. La proposta è venuta dal mio collaboratore Tommaso, che ha seguito tutta la parte tecnica. Due cellulari fissati su un appoggio ci hanno permesso di far seguire a tutti la messa su Facebook e Instagram».
E come hai vissuto questa nuova modalità?
«Essendo abituato a stare all’ambone, l’idea di essere ripreso da una telecamera non mi ha messo in soggezione. Effettivamente le panche senza i fedeli, a un primo sguardo, mi hanno fatto un po’impressione. Ma devo dire personalmente che il momento più alto e intenso è stata la Veglia Pasquale: ho visto la chiesa vuota, ma in realtà non l’ho mai sentita così “piena”. Ho sentito forte la presenza spirituale e la preghiera dei fedeli, un’impressione condivisa sia dal vescovo, durante la Veglia, sia dai miei confratelli in altre occasioni. Quest’impressione è stata poi avvalorata da chi ha mandato commenti e messaggi durante le celebrazioni, ringraziando per la possibilità che gli è stata data e scrivendo anche intenzioni di preghiera specifiche. Anche nei gruppi di Whatsapp il gradimento è stato alto. Nonostante le messe del Papa già trasmesse in tv, immagino che vedere il proprio parroco e la propria chiesa restituisca una dimensione di casa».
Il tuo rapporto con le tecnologie e con i social è cambiato?
«Devo ammettere di sì: ho sperimentato con piacere un utilizzo utile e intelligente anche di questa tecnologia. Nelle Messe feriali abbiamo toccato anche le 100 visualizzazioni: e dire che in tempi non pandemici da lunedì a venerdì non ricordo di aver visto, salvo occasioni particolari, più di cinque persone a Messa!».
Come vi state preparando per il 18 maggio, quando riprenderanno le Celebrazioni con i fedeli?
«Ci stiamo organizzando anche secondo le disposizioni che arrivano dalla Diocesi. Alla Messa domenicale delle 10 eravamo solitamente circa 200 persone, ora non sarà più possibile: pensavamo a un massimo di 70 o 80 fedeli. Ho un gruppo di collaboratori che si sta organizzando per sanificare gli ambienti, per contare le persone, per accompagnarle a sedere: volta per volta vedremo come adattare gli accorgimenti».
Passiamo alle attività per i giovani della parrocchia invece. Tommaso, come avete fatto sentire la vostra vicinanza ai ragazzi?
«Nella settimana santa eravamo soliti organizzare i giorni di “Sant’House”: da mercoledì a venerdì i ragazzi del post cresima dormivano in parrocchia e si vivevano dei giorni insieme in comunità e preghiera, 24 ore su 24. In questa Pasqua abbiamo cercato di far trascorrere ai ragazzi un momento intenso di vicinanza, cercando di farli vivere “a casa come in parrocchia”. Al mattino facevamo loro arrivare un messaggio sul significato della giornata e cosa sarebbe successo nella Messa. Gli mostravano un video con un messaggio nascosto per farli partecipare in maniera un po’ interattiva. La giornata scorreva poi libera, fino all’orario della Celebrazione, che trasmettevamo su Facebook e Instagram: dei 25-30 ragazzi iscritti, una buona parte ha seguito le funzioni».
E per la sera?
«L’appuntamento serale era per le 21: in videochiamata con tutti, commentavamo insieme il video della mattina e cercavamo di approfondire il senso della giornata con un messaggio di don Gian Paolo. Facevamo anche dei giochi insieme, come la caccia al tesoro: una sera gli abbiamo fatto cercare in casa (e portare davanti alla telecamera) oggetti come un pacco di pasta, un rotolo di cartaigienica, un familiare. I feedback sono stati positivi: l’esigenza maggiore è stata quella di rivedersi e di poter fare esperienze insieme, nonostante il periodo difficile. Star chiusi in casa ha provato i ragazzi, ma l’avere un’occasione per ritrovarsi è stata una boccata d’ossigeno».