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Il Covid mi ha fatto sentire l’eternità della Liturgia

Monsignor Gallese ci racconta la sua esperienza con il virus

Intanto, prima di cominciare: Eccellenza, come sta?
«Le mie condizioni fortunatamente sono buone, malgrado la positività al Covid-19. Per adesso devo dire che il Signore mi ha fatto una grazia dal punto di vista della salute».

Partiamo, allora. In un’intervista a febbraio di quest’anno, quando già si cominciava a cogliere la gravità della situazione, lei pronunciò queste parole: «Gesù dice: “Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna” (Mt 10,28). Se avessimo un po’ di saggezza, ci renderemmo conto di non avere il controllo delle nostre sicurezze e di essere attaccati alla vita terrena. Ma la nostra scelta di fede diventa vera, non semplicemente “teoretica”, nel momento in cui viene messa alla prova, proprio come adesso». Sono trascorsi diversi mesi da quella dichiarazione: la rifarebbe?
«Sì, direi esattamente le stesse cose che ho detto allora, ma con ancora più convinzione. Durante l’anno ho avuto in alcuni momenti la coscienza di dover veramente temere chi “fa perire l’anima e il corpo nella Geenna”. Il dono che mi ha fatto il Covid in questi due giorni (sabato 24 e domenica 25 ottobre, ndr) è quello di sentire l’importanza e l’eternità della Liturgia, celebrata da solo, senza nessuno che si stupisca se ti fermi, se mediti, se contempli, quasi in un modo surreale… ma tuttavia con la piena consapevolezza che c’è una Chiesa con te, e che tu stai celebrando per una Chiesa intera. In modo particolare ho avuto la sensazione, dicendo “Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”, di tenere in mano qualcosa che sta fuori dal tempo».

Cioè?
«L’Agnello, nell’Eternità. Quando tu stai celebrando Messa dentro allo spazio-tempo, hai in mano qualcosa che ne è al di fuori. Questo ti cambia la prospettiva della vita, perché ti rendi conto che se c’è una realtà là fuori, fuori dal nostro spazio-tempo, e questa realtà è più libera della nostra, per essa allora vale la pena vivere. E questa realtà mi sembra sempre più tangibile: tocco l’Agnello di Dio, tocco il Verbo della vita, come si può leggere all’inizio della Prima lettera di Giovanni».

Ha avuto, e ha ancora, paura?
«Stando tutto sommato bene, in questo momento non provo tanta paura… ma non per coraggio, eh (ride). Tuttavia so che quando dovrò affrontare ciò che il Signore vuole che io affronti, allora sarò pronto».

Prima non lo era?
«Prima avevo la sensazione netta di non esserlo»

Che cos’è che ha cambiato la sua consapevolezza?
«L’Apocalisse».

Ah… non il Covid?
«No, il Covid mi ha solo spaventato, soprattutto all’inizio, quando ti diagnosticano una malattia così e c’è gente che rischia di morire o di stare molto male. Ma non mi sento un eroe perché sono in questa situazione».

Non si sente neanche un testimone?
«Quello sì, ma non in virtù del Covid. Ho ben chiara l’evoluzione della mia vita interiore: ciò che è avvenuto da febbraio a oggi è stato un passo deciso nell’offerta amorosa, che voglio sia il centro della mia esistenza».

E allora torniamo all’Apocalisse.
«Chiarisco il punto: non sono passato dal non essere pronto all’essere pronto a morire. Ma ho la certezza che lo sarò, quando toccherà a me. E questo perché l’Apocalisse mi ha dato un modo di concepire la vita cristiana veramente profondo, veramente cattolico, dove al centro c’è Dio e, in modo particolare, l’Agnello, il Verbo, il rivelatore del Padre, Colui che è degno di rivelare perché è stato immolato e ci ha riscattato facendo di noi un Regno e Sacerdoti per il nostro Dio. E regneremo davvero su tutta la Terra! Ecco, qui c’è tutto».

“Tutto” vuol dire che…?
«Che qui c’è il significato della vita, la mia e quella di ognuno di noi: essere sacerdoti in senso battesimale».

Come sta vivendo questi giorni?
«Li vivo come un periodo di eremitaggio, in cui ho chiuso fuori dalla porta tutto il mondo e mi sono messo davanti a me stesso nel modo più radicale e vero: chi sono, cosa ci faccio qui, qual è lo scopo della mia vita, qual è la mia relazione con Dio. Devo dire che mi sta facendo un gran bene».

Vuol dire qualcosa a quelli che stanno pregando per lei?
«Che sono molto, molto, molto riconoscente! Sento il loro affetto, e se sto bene credo sia merito loro. Li benedico per la loro bontà e generosità».

Alla fine, Eccellenza, a chi ha affidato la sua vita?
«All’Agnello».

Andrea Antonuccio

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