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Otto anni di papa Francesco

Intervista a monsignor Guido Gallese

Eccellenza, otto anni di papa Francesco: 13 marzo 2013, 13 marzo 2021. Una domanda: quanto è difficile fare il vescovo con questo Pontefice?

«Tantissimo (ride). Il mio rettore del seminario di Genova diceva: “San Giuseppe, quello sì che era un santo! Pensate un po’ a far vita con quei due”, intendendo Gesù e la Madonna. Effettivamente, i santi hanno sempre fatto fare una vita faticosa a tutti gli altri, per via della loro radicalità. E avere Francesco come “esponente apicale” è non solo impegnativo, ma anche altrettanto sano. Certo, ci chiede un lavoro più grande. Capire papa Francesco è stato ed è una fatica, perché è fuori da tanti schemi, a cui eravamo abituati, legati alla figura del Santo Padre. E poi ha delle idee controcorrente, rispetto alle solite modalità ecclesiali. Mi è capitato di celebrare l’Eucarestia con lui e ascoltare la sua omelia, nel contesto della celebrazione, e spesso ho pensato: “Questo è veramente quello che dice il Vangelo!”».

Papa Giovanni Paolo II e don Guido Gallese

E Benedetto XVI, allora?

«Devo dire che, ancora adesso, quando affronto temi dottrinali non trovo niente di più limpido e chiaro delle omelie di papa Benedetto XVI, che aveva nello spiegare quella chiarezza espositiva del professore “consumato”, che veramente ha fatto una sintesi interiore profonda e riesce a collegare le cose tra loro in modo mirabile. Tuttavia, papa Francesco ha in sé uno spirito veramente profetico, per cui senti che certe cose hanno un’origine e una radice straordinariamente evangelica. Anche lui è un uomo del suo tempo, come Benedetto XVI, San Giovanni Paolo II e San Giovanni XXIII, così, indietro, fino a San Pietro. Ma è ben chiaro che il Pontefice ha un ruolo straordinario nella nostra Chiesa, e la sta conducendo a un modo nuovo di porsi nel mondo. Per tutto questo ci vuole una persona di molto coraggio e grande forza».

Prima lei ha parlato di radicalità. Una delle accuse che alcuni muovono a papa Francesco è quella di essere relativista su alcuni temi, soprattutto di morale. È così?

«È un’accusa che si basa su quello che i media riportano dei discorsi di questo Papa. Una cosa che ho sempre fatto, da quando sono seminarista, è leggere i testi del Santo Padre e confrontarli con quello che viene pubblicato sui giornali. Cercavo, e cerco, di andare alla fonte. Ma quanti vanno alla fonte delle “ipsissima verba” del Papa? Quanti cercano le parole esatte del Santo Padre, e quanti invece si accontentano di una citazione estrapolata da un contesto? È già successo che alcune interviste, anche video, siano state “copiate e incollate” con criteri che tradivano la verità di quello che il Papa aveva realmente detto».

Lei che cosa ha imparato, e impara, dal punto di vista pastorale da questo Papa?

«Ho imparato il tema della vicinanza alle persone e questa sua umanità che arriva a tutti, anche senza le parole. È un uomo che da questo punto di vista ha uno straordinario dono: tradurre in vicinanza concreta gli inviti evangelici, in un’epoca in cui abbiamo perso il senso della comunità, intessuti come siamo su una matrice pesantemente individualista».

Perché ci sono più nemici di Francesco nella Chiesa che fuori?

«Perché questo Papa dice delle cose che toccano prima di tutto la Chiesa. Lo fa in modo molto sistematico. Ricordo che Benedetto XVI aveva detto: “La più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa”, cioè viene dai nostri peccati personali. Frasi forti… Papa Francesco ha voluto richiamarci a questo sguardo all’interno, che non ci chiude in un sistema di peccato, di egoismi, di zone franche, ma ci apre al servizio e all’umanità. Immagino, per esempio, che alcuni all’interno della Chiesa possano sentirsi infastiditi da papa Francesco, che sistematicamente ha messo a fuoco quali sono i comportamenti e i peccati che costituiscono la vera persecuzione alla Chiesa. Tante volte abbiamo sentito il Santo Padre rivolgersi esplicitamente contro il clero, questo è stato doloroso… però il papà che non ti rimprovera e non ti educa non fa il papà (sorride)».

Chiudiamo con una questione di metodo: Gesù sceglie come primo Papa uno che lo rinnega, non il migliore degli uomini… Che criterio è?

«Ma certo, il Papa ha i suoi pregi e i suoi difetti, come Pietro e come tutti noi. Lo stesso Francesco ne è consapevole, è figlio del suo tempo. Una volta gli chiesi se facevo bene ad allargare il mio organo di consiglio più diretto, solitamente composto di soli sacerdoti, anche ad alcuni laici. Il Papa mi mise una mano sul braccio e mi disse: “Sei giovane… queste cose se non le fa uno giovane, chi mai le farà? Prova, e se sbaglierai pazienza. Sbaglia anche il Papa!”. Così mi ha detto. Il Santo Padre è l’uomo che ti dice “provaci”, non è sicuro al 100 percento nemmeno lui. È molto umana questa cosa. Il Signore ha scelto uno che si buttava: San Pietro ci provava sempre, a volte era un po’ goffo e sbagliava. È lui che ha tagliato l’orecchio a Malco, è lui che ha rinnegato Gesù. È lui che dice “Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque”, ed è affondato! È lui. Ma è San Pietro non perché ha fatto tutto giusto, ma perché ha fatto il suo compito e l’ha fatto veramente con il cuore. E con il cuore ha anche sbagliato… La santità non è un perfezionismo tecnicistico da ipercampioni. La santità non è solamente per chi ha la barca di Coppa America, straordinaria, fuori dal comune. La santità è per chi vive il quotidiano, magari stando su un guscio di noce a remi (sorride)… ma non per questo ha meno chances di diventare santo rispetto a chi è su una barca che “vola” sull’acqua e vira a 90 all’ora. È questa la bellezza dell’annuncio cristiano: il cristianesimo è per tutti!».

Andrea Antonuccio

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