Dal Vaticano
«La fedeltà nelle cose di poco conto è in rapporto, secondo la Scrittura, con la fedeltà in quelle importanti». Inizia con queste parole il nuovo Motu proprio di papa Francesco sulla trasparenza: un provvedimento che riguarda Cardinali capi dicastero, vicedirettori con contratto dirigenziale quinquennale, e tutti coloro che hanno funzioni di amministrazione attiva giurisdizionali o di controllo e vigilanza.
Dovranno, quindi, attestare di non aver riportato condanne definitive, in Vaticano o in altri Stati, e di non aver beneficiato di indulto, amnistia o grazia, e di non essere stati assolti per prescrizione. Di non essere sottoposti a processi penali pendenti o a indagini per partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, terrorismo, riciclaggio di proventi di attività criminose, sfruttamento di minori, tratta o sfruttamento di esseri umani, evasione o elusione fiscale.
Dovranno poi dichiarare di non detenere, anche per interposta persona, contanti o investimenti o partecipazioni in società e aziende in Paesi inclusi nella lista delle giurisdizioni ad alto rischio di riciclaggio. Dovranno assicurare che tutti i beni, mobili e immobili, di loro proprietà o anche solo detenuti, come pure i compensi di qualunque genere percepiti, hanno provenienza da attività lecite.
La Segreteria per l’Economia potrà eseguire controlli sulla veridicità delle affermazioni messe nero su bianco dai dichiaranti, e la Santa Sede, in caso di dichiarazioni false o mendaci, potrà licenziare il dipendente e chiedere i danni eventualmente subiti. È infine vietato accettare, in ragione del proprio ufficio, «regali o altre utilità» di valore superiore a 40 euro.
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