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Rosario Livatino finalmente Beato

Testimoni della fede

Rosario Livatino è finalmente Beato. Domenica 9 maggio alle 10, nella cattedrale di Agrigento, con grande commozione si è tenuta la celebrazione per beatificazione del giudice siciliano (trasmessa in diretta anche su Raiuno). «I gruppi mafiosi decretarono la morte di Livatino perché odiavano la sua fede» ha detto, in apertura della cerimonia, il postulatore della causa di beatificazione, monsignor Vincenzo Bertolone, arcivescovo metropolitano di Catanzaro e Squillace. E poi ancora: «Il suo martirio è un ulteriore segno dell’assoluta inconciliabilità tra Vangelo e mafia. Livatino ha onorato la magistratura, la terra di Sicilia e la Chiesa».

Rosario Livatino (Canicattì 1952-Agrigento 1990) aveva 38 anni quando venne ucciso, il 21 settembre 1990. Stava andando al palazzo di giustizia, con una Ford Fiesta, quando venne ucciso dai mafiosi della Stidda agrigentina, lungo la statale. Non aveva nessun tipo di scorta. L’unica protezione era segnata nell’agendina che portava sempre con sé, sopra si leggeva la sigla “Std”, ovvero “Sub tutela Dei”. Con quella Protezione Livatino andava avanti imperterrito per la sua lotta alla giustizia.

Ma quel sacrificio non è stato vano, come ha sottolineato il cardinale Semeraro nell’omelia di domenica: «Non fu solo l’uccisione di un uomo delle istituzioni, e neanche solo l’uccisione di un giudice cattolico. Colpirono un testimone della giustizia, che affrontava il male per salvare le vittime, ma anche i carnefici. Livatino è morto perdonando, come Gesù, i suoi uccisori. Le sue ultime parole sono l’eco del lamento di Dio: “Popolo mio, che cosa ti ho fatto?”. Non è una condanna, ma un invito a ripensare la propria vita, a convertirsi».

Prima della cerimonia di beatificazione è stata anche esposta come reliquia la camicia azzurra, indossata da Livatino nel giorno della sua morte, e che, intrisa di sangue, è divenuta ormai color porpora. Quasi al termine della funzione, ha preso la parola il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, che ha espresso il concreto auspicio affinché «questa nostra terra di Sicilia, che purtroppo ancora soffre a motivo della mentalità mafiosa, faccia tesoro di questa lezione».

Il pensiero del cardinale è andato ai «tanti magistrati, uomini delle forze dell’ordine, politici e a quanti altri sono stati vittime della violenza dei malavitosi ma anche a coloro ai quali era rivolto il grido di San Giovanni Paolo II. Quell’accorato appello, “Convertitevi”, che il Pontefice polacco elevò proprio in questo stesso giorno, il 9 maggio del 1993, proprio sotto il cielo di Agrigento, nella Valle dei Templi, e proprio dopo aver incontrato i genitori del giudice Livatino».

A distanza di chilometri, e di qualche ora, anche papa Francesco, al termine del Regina Coeli di domenica, ha commentato la beatificazione di Livatino, definendolo «martire della giustizia e della fede». «Nel suo servizio alla collettività come giudice integerrimo, che non si è lasciato mai corrompere, si è sforzato di giudicare non per condannare ma per redimere. Il suo lavoro lo poneva sempre sotto la tutela di Dio, per questo è diventato testimone del Vangelo fino alla morte eroica. Il suo esempio sia per tutti, specialmente per i magistrati, stimolo ad essere leali difensori della legalità e della libertà. Un applauso al nuovo beato!» ha concluso il Pontefice, affacciato dalla finestra del Palazzo Apostolico. La festa verrà celebrata ogni 29 ottobre, per ricordare quel “giudice ragazzino” ucciso dalla mafia, ma rinato nel cuore e negli occhi di tanti, tantissimi, fedeli.

Leggi anche il nostro speciale su Rosario Livatino:

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