Lo storico tifoso
Don Ivo, quante emozioni per questa promozione.
«Tantissime… La preoccupazione era anche di non avere i riflessi pronti e che quindi il mio cuore potesse avere degli effetti negativi. L’ultima B dei Grigi l’ho vista nel ’74. Ma ho vissuto anche la promozione in Serie A del ’57, quando l’Alessandria al Meazza di Milano batté il Brescia. Quel giorno segnò anche Tinazzi, un giocatore che poi si sposò a San Michele e visse tanti anni nella chiesa dove sono parroco. Poi sono arrivati i tantissimi anni di Serie C, fallimenti, retrocessioni: sempre tra alti e bassi».
Ma se l’aspettava questa promozione?
«Prima della finale temevo finisse come tutti gli altri anni. Proprio come quattro anni fa a Firenze, contro il Parma. La delusione sarebbe stata troppo grande. Ma con l’arrivo di mister Longo è cambiato l’approccio della squadra: sia dal punto di vista dei risultati e della classifica, ma anche dell’atteggiamento e del gioco».
Qual è la trasferta più bella che ricorda con Rvs?
«Eravamo in C2, nel 1989. Abbiamo organizzato una trasferta per l’ultima giornata di campionato a Sorso, in provincia di Sassari. questa squadra isolana era l’ultima in classifica, ed era già retrocessa. Noi avevamo trasmesso tutta la stagione in diretta, e così abbiamo organizzato anche questa: non poteva mancare l’ultima! Poi finì 0 a 0 eh… (ride). Allora sono partiti in nave da Genova, il grande cronista Ivano Ravera e altri tre accompagnatori. È costato un capitale ma abbiamo finito il campionato con grande professionalità (sorride). All’epoca trasmettevamo la diretta dei 90′, e per le trasferte chiedendo ospitalità ai vari parroci vicino alle città in cui i Grigi giocavano. Loro ci davano la linea telefonica, con un ricevitore allo stadio e con il trasmettitore riuscivamo a mandare in onda la diretta. E in Sardegna abbiamo fatto la stessa cosa, il parroco ha ospitato questi ragazzi, gli ha offerto il pranzo e li ha riempiti di dolci per il viaggio di ritorno. Succedeva anche quello…».
Da quanto tempo segue i Grigi?
«Dal 1955, quando avevo 11 anni. Vedevamo gli allenamenti in un campo agli Orti, dove adesso c’è l’università. In inverno c’era mezzo metro di fango, con Gianni Rivera che batteva i primi calci. Ricordo che Rivera era già tesserato per l’Alessandria calcio, ma giocava con i salesiani. Con la squadra del Seminario sfidavamo i salesiani: partivamo da via Vochieri fino a piazza Santa Maria di Castello, la partita si giocava sull’asfalto. Rivera aveva 14 anni e giocava con loro. I patti, fatti dall’assistente don Maurilio Guasco, erano: Rivera gioca solo un tempo, nell’altro gli facciamo fare l’arbitro. Una partita ha fatto un tempo, ed eravamo ancora 0 a 0, allora i salesiani per vincere lo hanno fatto giocare anche nel secondo tempo. Maurilio Guasco ci ha ritirato e non abbiamo finito la partita (sorride)».
Me è vero che scappava dal Seminario per andare allo stadio?
«Eh sì… è successo diverse volte di scappare per andare al Moccagatta. Mi è successo anche da viceparrocco, poi mi prendevo anche i rimproveri del parroco (ride). Ma all’epoca, allo stadio nell’ultimo quarto d’ora potevano entrare tutti, non serviva il biglietto. Al Moccagatta abbiamo visto delle partite sulle punte dei piedi. Ricordo un’amichevole nel mese di agosto contro il Torino di Meroni, con 20 mila spettatori, ero in rettilineo e per poter vedere qualcosa sono stato tutta la partita in punta di piedi. Ma poi penso anche alla partita contro il Santos di Pelé nel ’68… Nei primi minuti dicevo: “Ma questo Pelé quasi non si vede in mezzo al campo”».
E poi?
«Poi è arrivata una palla dal cielo, la controlla come se l’avesse calamitata sul piede. Se l’è passata sull’altro e ha fatto partire una fiondata: 1 a 0. Allora lì ho capito chi era Pelé».
A chi dedica questa promozione in B?
«Dopo 46 anni al dedico a tutti i tifosi come me. A tutto lo staff della nostra radio, a coloro che hanno fatto dei sacrifici: siamo nati nel ’77 e l’abbiamo sempre, sempre, seguita. Agli scomparsi Biagio Gandini, Paolo Paoli, Ivano Ravera. E poi se è permesso anche al presidente Luca Di Masi che qui da noi è il numero 1. Non so quale altro avrebbe avuto la costanza che ha avuto lui, per questi anni ha sopportato tante critiche, ha speso molti soldi. Un grande grazie anche a Moreno Longo: ho imparato ad apprezzarlo, oltre ai risultati, anche per il suo spessore umano, soprattutto nelle conferenze stampa».
E adesso la Serie B?
«Sono molto fiducioso, so che la società si sta già muovendo per rafforzare la squadra. In B ci sono altri “centimetri”, anche nei giocatori. Ci sarà tanto lavoro per il ds Artico: se riesce a centrare una squadra che possa difendere la categoria con onore, avrà raggiunto il nostro scudetto».
Alessandro Venticinque
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