Vedere una comunità non è come parlarne. A Nomadelfia puoi vedere e, vedendo, puoi dire che “è possibile”. Per questo motivo il nostro Vescovo, che ha posto il tema della comunità come centrale per la vita delle parrocchie della nostra Diocesi, ha pensato – tra le varie iniziative – di proporre un lavoro di ricerca sugli elementi essenziali per avere una comunità e ha portato a Nomadelfia un gruppo di rappresentanti di alcuni movimenti presenti in Diocesi.
L’impatto con Nomadelfia, per chi ci va la prima volta, è senz’altro choccante, tale è la diversità del modo di vivere dei nomadelfi: per essi “l’amore fraterno è legge, in eroica applicazione della loro fede”, come si dice nella loro Costituzione. Vivono in un’ ampia tenuta aggregati in gruppi familiari di circa trenta persone, ogni tre anni i gruppi familiari vengono sciolti e ricomposti
con altre famiglie. Lavorano nelle aziende, negli uffici, nei laboratori e nelle scuole della comunità; ma non ci sono padroni o operai. Producono ciò che serve per vivere, non ci sono negozi, non usano soldi, tutti i beni sono in comune. Siamo stati ospitati in due gruppi familiari e abbiamo sperimentato l’accoglienza, abbiamo cenato e pranzato lautamente mentre li impegnavamo a
rispondere alle nostre mille domande sul loro modo di vivere e su come riescono a risolvere i problemi complessi della vita.
Don Zeno, l’iniziatore di Nomadelfia, aveva un’idea chiara: “fondare una nuova civiltà” e questa idea gli veniva dalla lettura del Vangelo, perché Cristo centra con tutta la vita, personale e sociale, nazionale e mondiale. Quando è morto, nel 1981, era consapevole di aver dato inizio al “mondo nuovo”, una testimonianza per tutta la Chiesa e per tutti gli uomini. Nella conversazione serale,
dopo cena, il Vescovo ha chiesto quali siano, in sintesi, i pilastri della vita di comunità. I Nomadelfi hanno fatto riferimento alle quattro caratteristiche indicate dagli Atti degli Apostoli: perseveranza nell’ascolto degli insegnamenti degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Il testo continua:”Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno”. Nella loro esperienza questo avviene, alla lettera. Giancarlo, uno di loro, che ora ha 12 figli compresi quelli affidatari, mi ha raccontato la reazione violenta di suo padre quando gli manifestò la decisione di lasciare tutti i suoi beni ai fratelli, di lasciare la casa e il lavoro e di andare a vivere con la moglie a Nomadelfia.
Noi alessandrini eravamo interessati a conoscere le modalità concrete della vita comunitaria e abbiamo preso molti spunti interessanti. La mattina successiva una riflessione analoga l’abbiamo fatta esponendo le caratteristiche fondamentali delle comunità dei nostri movimenti: Rinnovamento nello Spirito, Cammino neocatecumenale, Comunione e Liberazione. Più si osservano i particolari delle diverse esperienze, più si evidenzia la radice comune da cui nascono: la diversità dei carismi viene riportata all’unicità della comunione da cui nascono, che è con il Padre il Figlio e lo Spirito Santo; nello stesso tempo esaltano la specificità del metodo di Dio, che è quello dell’incarnazione e quindi dell’aderenza alla ricchezza della realtà e alla varietà delle situazioni.
Don Ferdinando, successore di don Zeno alla guida di Nomadelfia, ci ha detto: “Voi state cercando una via nuova…”; la possibilità di realizzazione ci è testimoniata
dalla presenza profetica di Nomadelfia e dei movimenti; la fatica della ricerca e dei tentativi, non può essere risparmiata a nessuno. Ma in questi giorni ci siamo accorti che una comunità iniziale già c’è, quella di coloro che sono stati chiamati a partire e cercare, come Abramo di cui abbiamo letto nella liturgia del giorno, la nuova terra promessa.
Angelo Teruzzi
Omelia del vescovo nella Messa conclusiva.
“Non giudicare non vuol dire non valutare la situazione delle cose, ma vuol dire non colpevolizzare le persone. Quando si hanno responsabilità e quando ci si trova di fronte ad un cammino da compiere è essenziale fare delle valutazioni intelligenti, profonde e vere. Nello stesso tempo, queste valutazioni non devono cadere nel giudizio. La nostra vita è un mistero grande nel quale dobbiamo guardare i nostri fratelli con amore e con misericordia, e poi con tanta carità e verità dobbiamo guardare anche la realtà per quella che è. In ogni caso bisogna fare un cammino,
fare tanta strada ed arrivare in una terra che ti è stata promessa e nella quale non subito troverai la realizzazione. Ma, pensavo, se i miei figli potessero trovare nella terra verso cui mi sto dirigendo la terra promessa di Dio, qualsiasi fatica sarebbe giustificata e sensata”.