La pancia, dopo il pareggio in terra senese a reti inviolate, comincia a vedere qualche bagliore in quello che, per la testa, seguita ad essere buio, forse solo, un po’ meno fitto. La pancia, cioè l’istinto del tifoso, dice che l’Alessandria, per la prima volta in questa stagione, è tornata a casa senza aver subito neppure una rete, e non è tornata a casa da un campo qualsiasi, ma dalla tana di quella che era (almeno fino all’incrocio con il “Vecchio Orso”) la capolista del girone. La pancia dice anche che l’Alessandria ha cercato la rete più dei toscani, che si è difesa con determinazione, mostrando di disporre di buone capacità contenitive, e che ha rivelato anche carattere ed orgoglio. La testa non è ancora scevra dalle preoccupazioni. La testa, per parte sua, dice che l’Alessandria di Siena è stata una squadra ancora priva di un’identità in termini di gioco, una squadra incapace di comportarsi come un’orchestra ma ancora troppo affidata alle iniziative – non sempre lodevoli – di singoli interpreti che, spinti dal sacro fuoco del desiderio di recuperare un pessimo avvio di stagione, si lanciano in avanti all’arma bianca non sempre raccogliendo i risultati sperati. La testa dice che l’Alessandria, dopo anni di campagne acquisti faraoniche, non ha un terzino sinistro vero e proprio, che soffre della mancanza di un uomo faro in mezzo al campo, che non compensa quest’assenza con quel gioco spumeggiante e dinamico sulle fasce che ci vorrebbe, che, assurdamente orfana di un centravanti da più di venti goal a stagione come Riccardo Bocalon, sente la mancanza di un attaccante di razza in grado di buttarla dentro. Oggi l’Alessandria deve partire dalla pancia, cioè da quel carattere e da quella voglia di fare che finalmente si sono visti a Siena ma è ormai del tutto evidente che questa stagione non è cominciata sotto i migliori auspici e che in questo momento, più che una rapace scalata alla vetta del Campionato (che, allo stato dell’arte, appare piuttosto improbabile), occorre ritrovare compattezza, equilibrio, e, pian piano anche il gioco. Poi, si potrà magari anche pensare a volare ma, per ora, di lavoro da fare ce n’è ancora molto.
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