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Comunicare Francesco – Intervista esclusiva al giornalista e scrittore Andrea Tornielli

Giornalista e scrittore, Andrea Tornielli è il coordinatore del sito web della Stampa “Vatican Insider” (lastampa.it/vaticaninsider/), pubblicato in cinque lingue e interamente dedicato all’informazione su Vaticano, Chiesa e religioni nel mondo. Oltre a tenere una rubrica radiofonica mensile su Radio Maria, “Cronache cattoliche”, ha anche un blog molto visitato, “Sacri palazzi” (andreatornielli. it). Sposato e con tre figli, Tornielli dal 1997 ha seguito come inviato i viaggi apostolici di san Giovanni Paolo II, papa Benedetto XVI e papa Francesco. Noi lo intervistiamo in esclusiva a poche ore dal suo rientro in Italia dall’America Latina, in occasione del viaggio apostolico del Santo Padre Francesco in Cile e in Perù.

Tornielli, che responsabilità sente nel raccontare il Papa?

«La responsabilità è grande, per vari motivi. Innanzitutto, c’è un lavoro di mediazione e di sintesi. Bisogna essere in grado di trasmettere non la propria idea o la propria interpretazione, ma il messaggio che il Papa vuole dare, cercando di segnalarne i passaggi principali. Il secondo punto è non ridurre il messaggio a uno slogan. E’ vero che viviamo nel tempo dei messaggi semplificati, ma talvolta semplifichiamo troppo… è un rischio che mediaticamente è particolarmente elevato per papa Francesco».

Che tipo di “comunicatore” è il Papa?

«Francesco comunica con parole che non sono mai separate dai gesti. Talvolta i gesti hanno una potenza comunicativa maggiore delle parole, e nelle parole la profondità si accompagna sempre a una capacità di rendere il messaggio semplice, comprensibile a tutti. L’esempio più illuminante, per le parole, è rappresentato dalle omelie della Messa mattutina a Santa Marta. Qui il Papa spesso usa racconti e aneddoti che partono dalla realtà della vita quotidiana. Per i gesti, penso alla scelta del silenzio totale ad Auschwitz, durante la Giornata mondiale della Gioventù del 2016; o quando in Kenya, nel novembre del 2015, chiese a tutti i presenti di  tenersi per mano, come segno di superamento delle divisioni tribali. Gesti molto significativi, nella maggior parte dei casi assolutamente spontanei».

Chi sono i nemici reali di questo Papa?

«Le critiche ai papi all’interno della Chiesa ci sono sempre state. Penso a Paolo VI dopo la Humanae Vitae, per fare un esempio. Per Francesco vedo due aspetti nuovi. Intanto, un livello di critica che ha oltrepassato da molto la soglia della discussione fisiologica; in certi casi, anche uno scherno e una irrisione feroci da parte di chi si dice cristiano. L’altro aspetto è quello dei social media, che ingigantiscono ed estremizzano il dibattito. C’è chi dietro a una tastiera si sente legittimato a giudicare tutto e tutti, diventando maestro di dottrina e dando lezioni persino al Papa! Questa è una novità. Ritengo che queste espressioni sui social media in diversi casi siano fomentate da ecclesiastici, spesso in maniera anonima. Una conseguenza preoccupante è che ci sono tante persone in buona fede che si abbeverano a queste fonti pseudo informative, arrivando anche ad avere un atteggiamento di rifiuto del magistero del Papa».

Quale novità ha portato Francesco nella Chiesa?

«Lui è il Papa della Misericordia. Ha posto un accento sulla vicinanza e tenerezza di Dio all’uomo, proseguendo sulla linea dei predecessori, e accentuandola come elemento fondamentale della evangelizzazione nel mondo contemporaneo. Oggi il Vangelo si annuncia appoggiando la propria guancia sulla guancia di chi soffre, sia nel corpo che nello spirito».

A proposito: nel gennaio 2016 è uscito il libro “Il nome di Dio è Misericordia”, una conversazione tra lei e il Papa. Come è nata questa collaborazione?

«Quando nel marzo del 2015 ho sentito Francesco annunciare l’Anno Santo della Misericordia, gli ho scritto proponendogli di fare un libro insieme. Lui era titubante, non voleva fare un dialogo teologico; ma poi ha accettato, raccontando la propria esperienza. Ci siamo visti una giornata, e da lì il dialogo è continuato con scambi di mail e telefonate per arrivare al testo finale. L’idea del Papa era che il libro dovesse lasciare una porta aperta per avvicinare il più possibile anche persone lontane, mostrando il volto del Dio misericordioso».

Per lei che esperienza è stata?

«È stata un’esperienza grande. Ciò che mi ha colpito del Santo Padre è stata la sua capacità di fare emergere che la Misericordia è davvero la novità del cristianesimo. L’episodio che mi ha commosso di più è quello che Francesco ha raccontato per la prima volta proprio nel libro. L’allora Padre Bergoglio era rettore di un collegio dei Gesuiti, dove c’era una cappella in cui la gente si recava a Messa. Tra le persone che andavano lì lui aveva conosciuto una ragazza, abbandonata dal marito e con due figlie piccole. Alcuni mesi all’anno la donna lavorava, ma quando era disoccupata, per mantenere la famiglia si prostituiva in un bordello. Nel libro il Papa racconta che un giorno, nel periodo natalizio, la giovane andò da lui con le figlie e gli disse “grazie”. Non tanto per il sostegno economico; ma soprattutto perché lui non aveva mai smesso di chiamarla “signora”, pur conoscendo la situazione. E questo, per lei, era più importante dell’aiuto materiale».

Ora c’è un suo libro in uscita il 13 febbraio: “Il denaro non governa”, scritto con Pier Paolo Saleri.

«Abbiamo raccolto e sistematizzato per temi il Magistero sociale di Francesco, mettendolo in connessione con la dottrina sociale della Chiesa. Questo è un Magistero signifi cativo che contiene elementi di grande novità nel triste mondo, politico e non solo, che ci circonda. È un punto su cui il mondo cattolico dovrebbe essere più desto, secondo me».

Andrea Antonuccio

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