A settembre dell’anno scorso, il colosso di vendite on line Amazon ha depositato un brevetto: l’oggetto in questione o meglio, il marchingegno in questione è costituito da un braccialetto con all’interno un sensore. L’utilizzo di questa idea sta nel facilitare le operazioni del magazziniere nel trovare gli articoli tra gli scaffali. Infatti quando il bracciale si trova nei pressi dell’oggetto ricercato incomincia a vibrare evitando così una perdita di tempo (e relativa pazienza) da parte del lavoratore. Questo è quanto. Purtroppo le notizie non sempre vengono riferite con assoluta precisione, anzi, a volte vengono comprese a uso e consumo di come le si vuole controbattere. È successo così che, in maniera del tutto casuale, alla vigilia dell’incontro tra i vertici di Amazon e alcuni ministri del nostro governo questo fatto del bracciale che vibra sia venuto fuori. Dove sta il problema? Disastro assoluto: il braccialetto in questione si è magicamente trasformato in uno strumento di controllo atto a monitorare ogni singolo movimento del lavoratore. E soprattutto il braccialetto ha preso forma… già, perché prima era solo un disegno. Massimo dissenso verso un tale strumento oppressivo, che la privacy si opponga! Che tutti accusino tutti: “Colpa delle riforme sbagliate”, “da noi non si userà mai”, “non è roba da paese civile”, “da noi i lavoratori non subiscono queste umiliazioni”. Magari queste no, ma… lasciamo perdere. Di tutta questa storia rimane solo una verità: siamo in un’epoca di sviluppi rapidissimi. Sì, perché un disegno, nel giro di poco più di un giorno, si è materializzato, ha sottomesso intere classi di lavoratori legandosi ai polsi di tutti senza soluzione, li ha sottomessi e controllati e poi se ne è tornato, ritornando disegno, da dove era venuto. Forse non diventerà mai realtà, come non è mai stata reale la notizia della sua esistenza.
Andrea Allegra