L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd) e il Fondo Monetario internazionale, in questi anni, hanno messo in luce una concreta possibilità di riduzione del Pil pari al 2% nei prossimi 10 anni, qualora, per ridurre l’inquinamento ambientale, non venisse implementato il processo di transizione energetica prima del 2025. L’agricoltura e il turismo saranno tra i settori più penalizzati perché dovranno subire l’impatto di siccità, desertificazione e aumento del livello del mare con conseguente erosione delle coste. Le conseguenze più pesanti spettano a quei Paesi in cui la temperatura è già elevata e il reddito medio è più basso; le popolazioni di Africa sub-sahariana, Medio Oriente e Nord Africa corrono i pericoli peggiori e più imminenti in termini di stress idrico, quelli del Sud Est asiatico e dell’America centro-meridionale in termini di aumento del livello dei mari. In totale quasi l’80% dei Paesi considerati a basso reddito è più vulnerabile al cambiamento climatico: la loro bassa capacità di reazione sarebbe dovuta alla carenza di investimenti potenziali. Rischi moderati spettano invece a zone come la Cina, l’Europa e gli Stati Uniti. I Paesi esportatori netti di combustibili fossili dovranno far fronte a costi sempre più alti, anche perché l’obbiettivo di contenere l’aumento della temperatura al di sotto del limite di 2°C, fissato nell’accordo di Parigi del 2015, non sarà rispettato se non ci sarà un cambio netto di politiche ambientali; anche tenendo conto dei tagli alle emissioni apportati dai vari Paesi, probabilmente si arriverà a registrare un aumento di 3°C. L’ investimento in rinnovabile potrebbe rivelarsi un’opportunità unica, poiché la transizione energetica rappresenta un grande progetto globale, in grado di creare nuovi posti di lavoro e che richiede imponenti risorse e finanziamenti. Aumentando la quota di energia rinnovabile come fonte primaria al 65% per il 2050, si ridurrebbero le emissioni di CO2 di circa il 70% nell’ ambiente. La Danimarca è il paese che ha investito di più sulle energie rinnovabili, anche il Portogallo, la Germania e il Belgio hanno impegnato risorse, mentre paesi come la Francia, il Giappone, l’Australia e gli Stati Uniti dovrebbero incrementare il loro impegno in maniera significativa.
Davide Soro