Continuiamo nel viaggio alla scoperta delle persone e delle storie dietro ai sei giorni del pellegrinaggio diocesano a Lourdes. Sei giorni, una preparazione lunga un anno fatta non di solisti ma di un grande lavoro di squadra.
Una delle espressioni più usate per rendere la bellezza e allo stesso tempo la complessità del n o s t r o pellegrinaggio è la parola mosaico. Ogni anno si compone un disegno nuovo, bello e significativo, simile ma diverso, con sfumature sempre sorprendenti. Il disegno è Divino, ma le mani che materialmente spostano le tessere e le incastrano una vicina all’altra sono mani umane, di dame e barellieri che conoscendo determinate «regole» contribuiscono a mettere insieme i pezzi. Il responsabile tecnico per esempio, e i coordinatori, sono «mani» che agevolano la composizione del mosaico. Una volta arrivati a Lourdes, la maggior parte delle persone ammalate viene accolta in una struttura denominata «Accueil» che, potremmo dire, sta a metà strada fra un ospedale e un luogo di accoglienza, appunto. Armando Bocchio, barelliere da una vita, innamorato dell’Oft al e di Lourdes, è tra le persone che ha svolto recentemente il servizio di coordinatore Accueil.
Armando, chi sono i coordinatori?
«I coordinatori sono persone che svolgono un ruolo di raccordo tra gli altri servizi, specialmente in Accueil. Il coordinatore a piano terra si relaziona con i trasporti, le copertine, il refettorio e il materiale. I coordinatori ai piani si relazionano principalmente con le responsabili delle sale, del refettorio, delle Tisanerie e dei materiali. Essendo un servizio di coordinamento presuppone la conoscenza delle dinamiche degli altri servizi e per questo motivo è spesso assegnato a persone che hanno già esperienza di Lourdes con vari pellegrinaggi alle spalle».
Volevo parlare della tua esperienza. Tu l’hai fatto un solo anno?
«No, l’ho fatto a piano terra per due/tre anni quando ero più giovane e una sola volta ai piani».
Com’è questo servizio: esiste un «modus operandi»?
«Questo servizio non ha delle regole precise, anche se ci sono ovviamente delle “basi”, come per esempio la diffusione ogni giorno del programma del pellegrinaggio, per assicurare che eventuali variazioni siano a conoscenza di tutti. Per come l’ho vissuto io, la cosa bella di questo servizio è di essere un facilitatore degli altri servizi».
Si parla di voci del coro: il coordinatore è un solista?
«Sicuramente non è un solista. Per me assomiglia di più al centromediano metodista del calcio o al basso di una orchestra che sottolinea il ritmo. Fai servizio insieme agli altri, ma il tuo servizio è efficace se non ti si nota. L’importante è riuscire ad essere al momento giusto al posto giusto, perché si deve cercare di anticipare le possibili necessità degli altri, in modo che possano dedicare più tempo possibile alla parte “migliore” del servizio, cioè lo stare con le persone ammalate».
Patrizia Astore