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Dal 1899 la casa in via Savonarola

Madre Clelia, chiusa la casa di Viareggio, arriva ad Alessandria nel 1899 con alcune Apostole, in una casa presa provvisoriamente in affitto in via Rattazzi; in seguito si trasferisce in via G. Savonarola 65, sempre in affitto, ma in una abitazione più modesta. In questi anni la madre s’impegna a formare le sedici suore rimaste ad Alessandria con lei, alla pratica delle virtù cristiane, alla preghiera, al servizio dei poveri della città e allo studio del catechismo. Nella nostra città può anche contare su due amicizie: una con madre Michel, fondatrice delle suore della Provvidenza ad Alessandria; e l’altra del vescovo Giuseppe Capecci, che nutre in lei stima e protezione. Nel 1900, non potendo più pagare l’affitto della Casa, il vescovo di Piacenza monsignor Scalabrini invita la Madre a trasferirsi con le figlie nella Villa S. Francesco a Castelnuovo Fogliani. Solo un anno dopo, la madre si trasferisce per volontà di monsignor Scalabrini nel palazzo Falconi di Via Borghetto a Piacenza. Il ritorno ad Alessandria della Beata avviene quattro anni più tardi, il 14 marzo 1904. Qui, nella casa in via Savonarola 65, vi rimane fino al 24 giugno 1916. In una stanza accanto alla Cappella, scrive la “Regola” delle Apostole del S. Cuore di Gesù, le Costituzioni e il libro delle preghiere, che vengono approvate dalla Chiesa. Le case si moltiplicano in Italia e all’estero, accorrono numerose le vocazioni. Nel 1907 viene acquistata la Villa di Solero circondata da un grande parco dove viene sistemato il postulato, il Noviziato e un gruppo di Suore per la formazione. Fin dal 1904 la Madre Fondatrice aveva voluto che l’opera di Alessandria fosse aperta all’accoglienza dei bisognosi della città. Madre Clelia vive cinque anni nel disprezzo, nell’isolamento, nell’indifferenza e ignorata dal nuovo governo. 24 giugno 1916. È questa la data in cui Madre Clelia è costretta, per il bene del suo Istituto, ad allontanarsi completamente dalle sue Figlie. Iniziano per lei gli anni duri dell’esilio.

Articolo comparso su “L’Ordine” (divenuto poi “La Voce alessandrina”) del 1° luglio 1905

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