Adesso che l’Alessandria non perde da quattro partite consecutive, ha raggiunto l’agognato record del primo successo casalingo ed è riuscita a tenere a bada formazioni come Carrarese e, soprattutto, Entella, che occupano posizioni di campionato ben più elevate, una parte della stampa e del pubblico locale inneggia ad una verve inaspettata sotto l’egida del precedente allenatore, ad un gioco spumeggiante incredibilmente ritrovato e ad insperati traguardi che potrebbero arridere alla maglia grigia nel prossimo futuro. In buona parte, sia pure in buona fede, si tratta di balle. Ma proviamo a motivare meglio una simile affermazione che potrebbe apparire irriverente e addirittura sfascista, fedele al solco della peggiore tradizione degli alessandrini criticoni.
Se scorriamo il tabellino ci rendiamo conto che l’Alessandria non ha di certo perso le ultime quattro partite, ma ha vinto solo una volta, pareggiando le altre tre: con un totale di sei punti collezionati. La classifica si muove pochino perché, come tempo fa mi diceva un caro amico che è nel mondo del calcio, con i pareggi non si va da nessuna parte. Vi è poi un altro dato interessante da valutare, accanto a quello (oggettivamente importante ed invidiabile) dei goals al passivo, e cioè quello delle reti all’attivo, con un bilancio di soli tre centri in quattro incontri. Ecco allora che, improvvisamente, mi si è materializzato davanti agli occhi il D’Agostino prima serie, quello di un’Alessandra che perdeva, invero poco, ma che non riusciva praticamente mai a vincere, che non buscava, ma che al tempo stesso non segnava neppure.
Quale, dunque, la morale del predetto ragionamento? Una sola: che l’attuale mister Alberto Colombo non sta trasformando in tanti piccoli fenomeni una rosa di onesti professionisti, perché i piedi, per ritornare al nostro titolo, restano quello che sono. Piuttosto, l’attuale allenatore ha avuto il grande merito di far superare ai giocatori incredibili paure ed ansie da prestazione che, a quanto pare, nell’ultimo periodo avevano anche attanagliato il suo predecessore. Ha “rinnovato” la testa, restituendo agli uomini che entrano in campo con il grigio indosso quella maggior fiducia nei propri mezzi che consentirà loro di disputare una dignitosa stagione. Senza però quei voli pindarici che le attuali condizioni, perlomeno, a sommesso avviso del sottoscritto, precludono.
Silvio Bolloli